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sabato, 18 Maggio 2024

Cresce il riuso tra mercatini e waste pickers. Alessandro Stillo: “Un impegno nato al Balon di Porta Palazzo”

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Sono venti milioni nel mondo i waste pickers. Il popolo di coloro che trovano reddito raccogliendo e operando con i rifiuti urbani.  Una realtà quanto mai articolata che va dai cartonerai argentini, alle migliaia di  raccoglitori di bottiglie e lattine (canner) che operano in Germania, negli Stati Uniti  e nel mercato di Ballarò a Palermo, oltre ai sempre più numerosi mercatini del riuso. Su questi temi abbiamo raccolto il parere di Alessandro Stillo. Il poliedrico organizzatore di eventi,  iniziative culturali (Biennale dei Giovani Artisti, Azimut e Zenit, Paratissima) e ambientali, esponente di Sinistra ecologista che parteciperà al congresso mondiale su riuso e  waste pickers in programma a Buenos Aires. “Non mi ero mai occupato di questa realtà, se non come cittadino appassionato della raccolta differenziata. La svolta è avvenuta nel 2000 con la scelta di venire a vivere al Balon di Porta Palazzo. Sono così entrato nell’associazione Vivibalon mettendo a disposizione le mie capacità e la mia esperienza” è la premessa di Stillo.

Dieci anni dopo Vivibalon Stillo è stato uno dei fondatori di Rete Onu (Operatori Nazionali dell’Usato), di cui è presidente. Si tratta dell’unica realtà che riunisce tutto il settore in Europa.  Una rete che, con il tempo, si è estesa a soggetti che si occupano a vari livelli di riuso, comprendendo le catene di mercatini e mercatopoli (catene di franchising di negozi dell’usato), le cooperative sociali, i raccoglitori di tessile, gli ambulanti del riuso. 

Stillo precisa come primo obiettivo della rete  International Alliance of Waste Pickers (IAWP), che si costituisce a Buenos Aires, sia  quello di stabilire l’importanza, anche ambientale e sociale, di milioni di persone che integrano il reddito o sopravvivono raccogliendo e operando sul riuso e sul riciclo dei nostri rifiuti. Si tratta di questioni poco seguite mentre sono evidenti i tragici effetti di comportamenti assolutamente non sostenibili nella gestione dei rifiuti alquanto diffusi.

Se in Europa e nei paesi occidentali è forte la spinta verso la raccolta differenziata (puntando sul porta a porta e contando sul fatto che maggiore è il riciclo, più leggera è la bolletta e meno si inquina, resta invece alquanto disarmante parlare di differenziata nel resto del mondo, anche se vi sono molti segnali positivi.

Un quadro complesso che comprende soggetti come i cartoneros che in Argentina, e in diversi paesi del Sud America, raccolgono imballi e beni durevoli (cartone, alluminio, metallo) che, avviati al riciclaggio, si trasformano in una nuova fonte per dar vita a oggetti che non necessitano del ricorso alla materia prima.  I  cartoneros puntano ad  arrivare a un riconoscimento e al raggiungimento di diritti che, nel caso argentino, non risultano certo agevolati  dal clima di tagli portato avanti dal “presidente con la motosega” Javier Milei.

Fuori dal mondo occidentale la differenziata latita. Si pensi a realtà come India, Cile e al continente africano. Si è parlato del Cile perché rappresenta un caso emblematico per proprio per quanto da tempo si registra nel deserto montuoso di Akatama. Qui si è formata una  montagna di 40mila tonnellate di vestiti usati, oltre ai resti di copertoni e carcasse di auto, che giungono dal porto Franco di Iqique. Discariche, in continua crescita, che consentono alle ditte di mezzo mondo di risparmiare sui costi di smaltimento regolari dei flussi invenduti. Questo in un paese, il Cile, diventato un grande centro di smistamento di prodotti tessili, in particolare della fast fashion. E’ un problema che ha responsabilità globali se si pensa che gran parte  dei prodotti tessili finisce in discarica e che il cosiddetto “fast fashion” è responsabile del 10% delle emissioni di gas serra, oltre a costituire una fonte di inquinamento (non solo per coloranti e prodotti chimici) soprattutto per quelle microfibre i grado di compromettere gli ecosistemi degli oceani. A questo si aggiunge il notevole consumo delle acque, legato a queste grandi produzioni di tessuti ,che in parte restano invendute , in un mondo che ha sempre più sete.

La gestione dei rifiuti industriali è una realtà complessa che, a fianco operatori onesti, vede migliaia di imprese e trafficanti che, come detto, preferiscono inviare gli scarti di produzione tessile nel deserto cileno e in altri siti del Sud del mondo, piuttosto che avviarli verso gli inceneritori (costo 300 euro a tonnellata).

Ma cosa ci si aspetta da questo imminente congresso argentino,( dal 30 aprile al 5 maggio a Buenos Aires)?

“L’obiettivo – per Alessandro Stillo che parteciperà al congresso –  è quello di arrivare al riconoscimento dei waste pickers come soggetti di una realtà che al momento non è finanziata dallo Stato se non con eccezioni locali”, – e aggiunge: “Qualunque mercatino dell’usato e learee di  libero scambio, come quella di Via Carcano, assicurano ai contribuenti un risparmio. I mercatini pagano il suolo pubblico mentre è in costante aumento l ‘attenzione al riuso. Il vintage e i mercatini di riuso sono sempre più presenti, assicurando una fonte di reddito ai suoi promotori, buoni prezzi alla clientela, eliminando oggetti dalle discariche”.

A questo si aggiunge il fenomeno dei disperati che spesso in bici, in un contesto di raccolta irregolare,  raccattano ogni avanzo da cassonetti o lasciato in strada, alimentando un terzo mercato irregolare. Nella mia esperienze nei centri di accoglienza ho assistito all’inoltro, operato dai rifugiati , di voluminosi sacchi spediti in Africa  contenenti ogni genere di rifiuto, specie di vestiario, scarpe e suppellettili. Materiale che sarebbe finito in discarica e che invece in quelle realtà trova modo di essere riutilizzato. 

Stillo  ha puntualizzato come le direttive europee responsabilizzino il produttore fino alla fine vita del bene prodotto. Non a caso in Francia sugli scontrini per l’acquisto di una maglia o di una sedia sono caricati dieci centesimi per lo smaltimento del prodotto.“Vi è una legge europea a proposito  di cui noi attendiamo gli attuativi per agevolare lo smantimento (o il riuso) del prodotto” lamenta l’esponente di Sinistra ecologista.

Infine viene rivolto  un cenno critico al sempre più di moda green washing, ovvero il ricorso a tematiche ambientaliste solo per creare consenso o per rendere più appetibili proposte commerciali o elettorali. Si parla di green washing quando un’affermazione sulla sostenibilità contiene informazioni false, volutamente parziali,  capaci di ingannare consumatori, investitori e altri partecipanti al mercato.Non a caso nelle nostre pubblicità di prodotti commerciali è sistematico il ricorso al mantra: “salviamo l’ambiente, compra e  difendi la natura”.

Si tratta di un complesso di questioni e problematiche sovranazionali i cui riflessi sull’ambiente e sul clima sono indiscutibili, nonostante le diffuse aree di negazionismo e di ostruzione al processo di  transizione ecologica , che trovano forza anche nell’ipocrita e strumentale ricorso al green washing. Ovvero parlare di ambiente senza far nulla, o meglio continuando con scelte produttive e consumi sciaguarate.

E’ certo che  i nobili propositi  ambienalisti facciano  parte di iniziative globali che, senza il supporto responsabile di ogni singolo cittadino,  non facciano strada.  Gli effetti dell’inquinamento e dei disastri ambientali non hanno confini e molti in occidente continuano a nascondere la polvere ricorrendo al  terzo mondo come una pattumiera.  A tal proposito basta dare uno sguardo ai chilometri di rifiuti informatici ed elettronici provenienti da ogni parte del mondo nella discarica di Agbogbloshie nel Ghana.

info su https://wastepickersinternational.org

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