“La situazione è molto critica ed è alto il pericolo di morte. La Russia ci ha attaccato bombardando città, sparando ai civili. Sono bugiardi e disumani. Dei veri fascisti e forse peggio. Sono con mia moglie e due figli, un bambino di 6 anni e una ragazza di 16 anni. Ci troviamo nella città di Chernihiv, vicino al confine con la Russia (zona Chernobyl). Da due settimane viviamo in un seminterrato umido e freddo e da diversi giorni mancano luce, gas, acqua. Le comunicazioni sono bloccate, non c’è la televisione, l’Internet mobile non funziona bene e il cibo sta finendo. Sono anche ammalato (le temperature scendono di molto sotto lo zero)” racconta Sergei, un giudice ucraino dalla città di Chernihiv, vicino al confine russo.
“È impossibile lasciare la città sotto assedio. Ogni giorno ci sono battaglie di carri armati e piovono razzi e proiettili. Ieri i razzisti hanno sganciato una bomba esplosa a 100 metri vicino a casa mia. Quattro case sono bruciate nelle vicinanze. Ora scrivo e sento gli spari delle mitragliatrici e il sibilo dei proiettili. Sono disumani. Dicono di essere venuti per salvare, ma in realtà sono venuti solo per distruggere. Questo perché non riescono a credere che esista una nazione di ucraini che amano la libertà e non la tirannia. Per questo distruggono scuole, ospedali, stadi, biblioteche. Voglio che brucino all’inferno per le loro azioni!!! Spero che finisca il prima possibile. Spero di sopravvivere con la mia famiglia. Dio aiuto!!! Dio, salva l’Ucraina!!!”
L’autore di questa cruda testimonianza si chiama Sergey. Un giudice di 42 anni impegnato nella cooperazione legale internazionale, ramo penale, che parla italiano ed è appassionato della nostra cultura. La richiesta di aiuto è stata ricevuta dalla dott.ssa Rosanna Paradiso, che ha conosciuto il giudice ucraino in un corso da lei tenuto sulla tratta, gestito dall’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) a Lviv (Leopoli).
“Spero che tutto passi e che andrà tutto bene , altrimenti sarà la terza guerra mondiale. Sono solo orribili manipolazioni e provocazioni” aveva scritto Sergey in una mail del 14 febbraio. Questo prima che la drammaticità degli eventi lo han costretto in fretta e furia ad abbandonare la sua casa e rifugiarsi in uno scantinato di un villaggio vicino alla Russia con i suoi familiari, tra i quali un bambino di sei anni.
Sergey chiede disperatamente aiuto per fuggire da questa situazione. La Paradiso gli ha inoltrato alcuni contatti di associazioni e riferimenti solidali di Polonia e Ungheria operativi verso i profughi ucraini. Purtroppo al momento ancora nessuna risposta nè conferme di ricevimento dei messaggi inoltrati.