Il movimento di Jean Luc Melenchon (La France Insoumise), anima del Nuovo Fronte Popolare, primo partito della coalizione di sinistra che ha conquistato ben 182 seggi nel parlamento francese (con una partecipazione record del 66,7%), era da tempo oggetto di critiche per una gestione molto accentrata e non certo plurielle, toccata anche da polemiche su discusse epurazioni. Un tema in piena assonanza con quanto si registrava in Italia nel movimento di Beppe Grillo.
A conferma di questo, in un clima entusiasta per aver bloccato l’affermazione dell’estrema destra lepeniana, dopo una campagna elettorale che ha esasperato i contrasti, è stata ufficializzata l’uscita di un gruppo di dissidenti, comprendente alcuni neo eletti, che hanno dato vita a un nuovo movimento dal nome: “L’Apres” (Associazione per la Repubblica ecologica e sociale).
Nei propositi dei fondatori vi è l’intenzione di diventare un polo aggregatore di un’area radicale e democratica, puntando in particolare su ecologisti e comunisti. Non fa parte dei dissidenti Francois Ruffin, il deputato reporter, compagno di di liceo di Macron critico verso la leadership di Insoumis. Un esponente della sinistra più volte citato come possibile alternativa in una trattativa governativa al posto dell’intransigente e indigesto Melenchon.
Tanti hanno storto il naso di fronte al modo con cui il leader di Insoumis, subito dopo la votazione, si sia candidato, senza se e senza ma, alla guida del paese con un programma per molti demogogico (ritorno pensione a 60 anni, salario minimo a 1600 euro). Al quadro delle critiche si sono aggiunte polemiche in materia di antisemitismo riguardanti il tribuno padre e padrone del movimento.
Alla accuse di essere una fronda, già decisa prima delle elezioni, di traditori dei principi di unità e consenso sostenuti da Melenchon, gli esponenti di L’Apres hanno replicato affermando che il gruppo era già stato avviato per creare uno spazio in grado di animare un confronto libero e plurielle nella sinistra francese. Uno spazio che mal si concilia con i diktat di Insoumis, in cui emerge in modo chiaro come non ci sia spazio per correnti.
Un inizio con il botto per un’area, già di per se’ alquanto turbolenta come quella della sinistra francese. Questo in una realtà che deve fare i conti con una estrema destra che, nonostante la sconfitta al secondo turno, ha un enorme consenso, in un paese diviso in tre blocchi. Si tratta in ogni caso di movimenti che potrebbero dare respiro alle difficili trattative per la formazione del governo dopo anni di tensioni e polemiche che hanno investito la guida liberista Macron, in una Francia in cui resta alto il rischio di instabilità politica.