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sabato, 27 Luglio 2024

Perché abbiamo bisogno della Città Metropolitana

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Il prossimo 12 ottobre, circa 3.840 sindaci e consiglieri comunali della provincia di Torino saranno chiamati a votare per eleggere il primo Consiglio della nuova Città Metropolitana. È un appuntamento che avvia un processo di innovazione del nostro sistema istituzionale locale, pur in presenza di un quadro normativo ancora imperfetto e che richiederà un intenso rodaggio iniziale.
Il Consiglio metropolitano avrà un ruolo costituente, perché dovrà fornire la prima attuazione della “riforma Delrio” in Piemonte, ma potrà disporre di un orizzonte di lavoro piuttosto breve, poco più di un anno fino al rinnovo – previsto nel 2016 – del Consiglio Comunale di Torino. Nel tempo a disposizione, gli amministratori che saranno eletti dovranno scrivere il nuovo Statuto dell’ente, definire le linee della pianificazione strategica e gestire il processo di riordino delle funzioni della ex-Provincia, cioè i primi e più importanti adempimenti previsti dalla “legge Delrio”.
La riforma è stata molto controversa fin dalla sua genesi, e bisogna riconoscere che il dibattito politico su di essa è stato viziato da una pesante campagna mediatica contro le Province.
Personalmente, ritengo che non fosse giustificato l’attacco alle amministrazioni provinciali, che almeno in Piemonte hanno garantito servizi e sviluppo a un territorio molto ampio e diversificato. In particolare, la Provincia di Torino ha saputo garantire, con la propria azione di governo, servizi di area vasta su buone economie di scala e ha favorito la perequazione delle politiche a vantaggio dei territori più deboli e marginali. Le sue competenze fondamentali, che sono storicamente state ascritte ai settori della viabilità, dell’edilizia scolastica, del trasporto pubblico locale e dei servizi per l’impiego, rappresentano oggi un patrimonio da non disperdere.
Anche per queste ragioni, credo sia necessario affrontare il cambiamento con spirito costruttivo, perché, in realtà, abbiamo bisogno della Città Metropolitana per sostenere una competizione su scala internazionale tra i sistemi locali che è sempre più agguerrita. Anche le politiche europee, da questo punto di vista, stanno iniziando a focalizzare le prospettive di sostegno a favore dei soli sistemi locali che abbiano una popolazione superiore ai due milioni di abitanti, e i nostri Paesi vicini – Francia e Spagna, in particolare – stanno ripensando anch’essi l’architettura istituzionale per intercettare le linee guida del prossimo settennato di fondi europei. Occorre, quindi, non rimanere indietro, soprattutto in un Paese come il nostro che ha già pesantemente pagato il costo della globalizzazione.
La Città Metropolitana offrirà la possibilità di semplificare il quadro dei poteri pubblici, poiché dà molta responsabilità agli amministratori comunali, investendoli del compito di governare scelte e processi su scala ben più ampia di quelli legati alle dinamiche del governo di prossimità. La sfida è notevole: nella responsabilità del governo di area vasta, i sindaci e i consiglieri comunali che saranno eletti in Consiglio dovranno mediare fra interessi particolari, che spesso sono stati in conflitto fra loro. Occorrerà superare la logica della competizione territoriale, per imparare a cooperare, consapevoli che restando da soli l’unico esito è la marginalizzazione e l’impoverimento dei servizi. In particolare le grandi città, come Torino, dovranno alimentare e rafforzare gli strumenti di cooperazione con gli altri comuni più vicini per integrare le politiche all’interno della conurbazione, ad esempio nei settori della pianificazione territoriale, del welfare e dell’attrattività culturale e turistica, per rendere esigibili in modo più omogeneo alcuni diritti fondamentali, come la mobilità, la salute e la sicurezza sociale.
Nei territori esterni alla conurbazione e nelle valli, lo sforzo dovrà essere invece rivolto a mantenere alti livelli di decentramento dei servizi, promuovendo e sostenendo i processi di aggregazione dei comuni che sono già in corso, sia in pianura che in montagna. Nel giro di qualche anno, alcuni servizi cruciali della città metropolitana, come la tutela delle risorse naturali e dell’ambiente, o come l’agricoltura, dovranno necessariamente coordinarsi con le analoghe attività dei comuni che sono rivolte alla difesa del suolo, alla protezione civile e alla valorizzazione degli ecosistemi naturali.
Dovrà essere un gioco di squadra, non più sulla difesa di interessi contrapposti e in competizione fra loro sulle risorse, ma rivolto ad una quotidiana cooperazione per garantire sempre maggiore autodeterminazione e crescita di tutte le comunità locali.

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