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sabato, 27 Luglio 2024

Addio a Paolo Rossi, eroe dei Mondiali ’82

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

E’ incredibile ma questo 2020 ci ha portato via anche Paolo Rossi. E’ stato uno dei protagonisti dell’Italia che vinse il mundial , i Mondiali del 1982 in Spagna, donandoci emozioni indimenticabili come quei tre gol che fecero piangere tutto il Brasile e lo consacrano come Pablito planetario.

I suoi gol e quella strepitosa Coppa del mondo, davanti al Presidente Pertini e con quelle famose partite a carte con Bearzot,  fecero esplodere di gioia un’intera nazione  in uno dei momenti più torbidi del nostro Paese (dopo Ustica, P2, Ior di Marcinkus e crak del Banco Ambrosiano), che fu risollevato proprio da quel mundial incredibile iniziato in sordina e tra mille polemiche. 

Sempre gentile, mai sopra le righe , nonostante la fama planetaria,  Paolo Rossi era la metafora vivente di un ragazzo semplice, “di uno di noi” pronto sempre a rialzarsi. Non furono i menischi, le polemiche e lo scandalo delle scommesse (in cui fu coinvolto ma di cui si proclamò sempre innocente e questa la definì la sua principale forza che non lo fece fuggire dall’Italia) a sfiancarlo, ma l’eccesso di popolarità da cui è sempre rifuggito, non restando nel mondo del calcio, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo,  se non dopo diversi anni come preparato ed  equilibrato commentatore sportivo. 

La carriera calcistica, per l’attaccante di origini di Prato, fu fulminante ed  esplose con il Lanerossi Vicenza riuscendo a sfiorare lo scudetto guidato da Edmondo Fabbri ed a suon di gol fu chiamato in nazionale. Poi la Juventus e una parentesi conclusiva nel Milan e nel Verona. 

Nel suo palmares fu uno dei quattro Palloni d’Oro italiani (insieme a Gianni Rivera, Roberto Baggio e Fabio Cannavaro). Capocannoniere al Mondiale di Spagna 1982 e Scarpa d’Oro).

Chi era in giro per il mondo in quegli anni ’80 ricorderà come non vi fosse luogo in cui, sentendo che eri italiano, non dicessero immediatamente: “Paolorossii!”.

Un vero esempio di talento, virtù e modestia che ha poco a che vedere con quanto caratterizza il calcio esaltato dei ventenni miliardari di oggi. Bravo anche come scrittore per la sua autobiografia “Quanto dura un attimo”, scritta con la moglie Federica Cappelletti.    

Oggi lo piangono tutti i protagonisti di quelle notti magiche come Cabrini, Zoff,  Boniek e tanti italiani rimasti colpiti dal ricordo dei suoi gol ma anche dal suo stile di vita intelligente, pacato e mai sopra le righe. 

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