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lunedì, 2 Dicembre 2024

Sogno un’Amazzonia… (I)

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Il subbuglio destato dall’Esortazione con la quale Francesco ha messo il punto finale al Sinodo sull’Amazzonia è lentamente scemato, lasciando spazio ad una riflessione più complessiva e meno emotiva. Un subbuglio tutt’altro che immotivato. Infatti, nel documento che sigilla i lavori sinodali, alla questione, pur non primaria data la vastità e complessità del tema ivi affrontato, ma nell’attualità fortemente dibattuta del sacerdozio uxorato e della posizione della donna nella chiesa, il papa non ha dato risposta.

Nella parte del Sinodo destinata all’analisi e alle proposte per avviare una soluzione alle molteplici criticità della presenza cattolica in Amazzonia, era inevitabile affrontare la grave carenza di clero, che priva, spesso per tempi lunghissimi, le comunità colà disperse dell’eucarestia e della confessione, due sacramenti basilari della fede cristiana. L’Instrumentum laboris, guida allo svolgimento del Sinodo, lungamente elaborato con la partecipazione di vescovi e comunità amazzoniche, per far fronte al grave problema suggeriva il conferimento del sacerdozio a uomini sposati di comprovata fede ed adeguatamente preparati, con particolare attenzione a coloro che già operano come diaconi. Un’allettante apertura che potrebbe colmare il grande vuoto nelle file del clero, magari coinvolgendo direttamente uomini oriundi che favorirebbero una interazione tra le culture locali e la fede cristiana, avviando la formazione d’un rito dai caratteri amazzonici, cui Francesco sembra mirare. Una proposta accolta dalla maggioranza dei Padri sinodali, quasi certi del favore del papa, che nel corso della preparazione del Sinodo aveva dato chiari segni di desiderare che tale possibilità fosse prospettata già nel testo orientativo dei lavori.

Ora il documento papale, naturalmente atteso come chiaro e definitivo, è leggibile da metà febbraio. Chiaro? Sì, ma anche no, secondo lo stile di Bergoglio di lanciare segnali di possibili innovazioni senza trarne nell’immediato le conseguenze, nella speranza che il tempo li maturi per raccoglierne i frutti, lui o chi dopo di lui, senza aver creato panico e contrapposizioni nella comunità ecclesiale. Definitivo? Neppure, dal momento che la sua poca chiarezza ha posto un dilemma che dovrebbe risolvere Francesco che l’ha creato, senza deleghe, dirette o indirette, ad altri.

Che c’è, dunque, di chiaroscuro nell’Esortazione di papa Bergoglio? Fondamentale per una risposta è la dichiarazione introduttiva da lui fatta: “Ho ascoltato gli interventi durante il Sinodo. Con questa Esortazione desidero esprimere le risonanze che ha provocato in me questo percorso… Non svilupperò qui tutte le questioni abbondantemente esposte nel documento conclusivo… Mi permetto in questa breve Esortazione di formulare quattro grandi sogni che l’Amazzonia mi ispira.”  Poco oltre questa premessa avverte ancora: “Ho preferito non citare tale documento [sinodale] in questa Esortazione, perché invito a leggerlo integralmente”. Dunque, il suo sembrerebbe un documento parallelo nel quale si limiterebbe a manifestare i suoi sogni su un’Amazzonia salvata e rifiorita, senza nulla aggiungere o togliere a quello sinodale. Ciò che, però, in esso meraviglia e crea forti perplessità è il vistoso silenzio sulla questione cruciale del sacerdozio a uomini sposati, presente nell’Instrumentum laboris e accolta, come si è detto, dalla maggioranza sinodale per ben fondate ragioni. “Esiste un diritto della comunità alla celebrazione dell’eucarestia… Molte comunità amazzoniche hanno enormi difficoltà d’accesso all’eucarestia… Apprezziamo il celibato come dono di Dio… Questa disciplina non appartiene alla natura del sacerdozio… Proponiamo che l’autorità competente stabilisca criteri per ordinare sacerdoti uomini pur avendo famiglia, idonei e riconosciuti della comunità, con un diaconato permanente fecondo ed una formazione adeguata”. Motivazioni che hanno la forza d’un sillogismo cui era d’obbligo una esplicita e chiara risposta che il papa, pur affermando nella maniera più categorica che senza l’eucarestia non c’è comunità cristiana, incomprensibilmente non dà. Vale più il celibato o la comunità di fede? Il suo è un silenzio che esprime consenso, contrarietà o differimento della materia a tempi più propizi?

Questione cui s’aggiunge quella della funzione della donna nella chiesa, mai affrontata con determinazione, ora resa ineludibile per l’autorevolezza dell’organismo ecclesiale che l’ha fatta propria. “Si chiede che la voce delle donne sia ascoltata, che siano consultate e partecipino alle prese di decisioni… In Amazzonia, dove la maggior parte delle comunità cattoliche son guidate da donne, chiediamo che vanga creato il ministero istituito di ‘donna dirigente di comunità’”. Dunque, non incarichi occasionali, ma ministeri riconosciuti e caratterizzanti, sebbene non sacramentalmente ordinati come sarebbe il diaconato femminile, che la chiesa, istituzione religiosa rigorosamente presieduta, quasi a modo di proprietà, dal sesso maschile, si ostina a rifiutare nonostante sia testimoniato dalla storia e ammissibile da una teologia meno  attardata.

Due problemi, preti coniugati e ministeri femminili, che in Amazzonia urgono una soluzione positiva affinché, nel giro di non molti anni, la chiesa cattolica non ceda i suoi spazi alle inondanti formazioni evangeliche, ridotta da corazzata a barchetta alla deriva e marginale. (continua)

Scritto da Vittorino Merinas

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