Pubblichiamo la lettera aperta sul caso del giudice Paolo Adinolfi, scomparso misteriosamente nel 1994.
Il documento è stato pubblicato sul profilo facebook del gruppo di giornalismo investigativo del giornalista Fabrizio Peronaci. Il gruppo condivide e sostiene la battaglia della famiglia Adinolfi. Il magistrato al quale si riferisce Lorenzo Adinolfi nel ricordare il suo incontro con i vertici dell’Anm è Luca Palamara.
“Gentile Procuratore di Roma
dottor Michele Prestipino,
nell’augurarLe buon lavoro alla guida del più importante ufficio giudiziario d’Italia, sottoponiamo alla Sua attenzione il caso di un collega magistrato che Lei ebbe forse modo di incontrare quand’era in vita, e di cui probabilmente conosce la tragica storia. Si tratta di Paolo Adinolfi, giudice del tribunale fallimentare di Roma per dieci anni e successivamente consigliere di Corte d’appello, uscito dalla sua abitazione il 2 luglio 1994 dopo aver salutato la moglie Nicoletta e mai più tornato a casa.
Le iniziali ipotesi di allontanamento volontario, malore, suicidio o incidente si rivelarono infondate e non suffragate da alcun elemento, mentre le ulteriori e più approfondite indagini della Procura di Perugia lasciarono affiorare una gran mole di indizi gravi, precisi e concordanti, convergenti tutti verso una sconvolgente verità: il dottor Adinolfi, sposato e padre di due figli, noto per il rigore e l’onestà, fu strappato a 52 anni alla sua famiglia e fatto sparire per sempre, occultandone il cadavere, con l’obiettivo di metterlo a tacere.
Paolo Adinolfi con le sue sentenze aveva inferto duri colpi a pericolosi sodalizi criminali operanti tra Roma e la Campania, aggredendo patrimoni di notevole entità. Paolo Adinolfi era un giudice scomodo perché incorruttibile e tenace, come lo erano stati i suoi colleghi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, assassinati nelle stragi di mafia due anni prima. Anche Paolo Adinolfi è stata un eroe di questo Paese. Un eroe dimenticato, vittima di lupara bianca nel cuore della capitale.
Come Lei ben sa, signor Procuratore, il reato di omicidio non va in prescrizione, così come non conoscono limite il dolore e il desiderio di giustizia dei congiunti. In particolare il figlio, avvocato Lorenzo Adinolfi, promotore della battaglia per ottenere verità e giustizia a nome della sua famiglia e dei tanti che hanno amato e stimato suo padre, non ha mai smesso di lottare e chiedere udienza alle istituzioni, forte del movente delineato con chiarezza dal procuratore di Perugia, dottor Alessandro Cannevale, nella richiesta di archiviazione presentata nel 2003. “Non si può dimenticare – scrisse l’inquirente – l’estrema delicatezza di alcuni affari trattati dal magistrato alla Sezione fallimentare, la notevole rilevanza degli interessi economici coinvolti, l’asprezza delle reazioni suscitate dalla ferma e lineare condotta del dr Adinolfi, i contrasti insorti con taluni dei colleghi, la capacità criminale dei soggetti interessati alle Società che subivano le procedure”.
Signor Procuratore, in conclusione offriamo alla sua attenzione le parole di Lorenzo Adinolfi che, in un recente incontro pubblico, ha raccontato: “Quando mio padre è scomparso ero poco più di un ragazzino, ma ricordo bene che fin da subito la mia famiglia è stata lasciata sola. All’inizio non me ne capacitavo, mi sembrava assurdo che un uomo dovesse pagare con la sua vita le conseguenze di un lavoro onesto e giusto. Non credevo che ci avrebbero lasciati soli, mi aspettavo dai colleghi di papà un forte supporto. Invece no. qualche anno fa un magistrato, che incontrai nella veste di presidente dell’Associazione nazionale magistrati, mi disse che, senza la prova di quanto accaduto, non lo si poteva ricordare al pari degli eroi dello Stato. Ma allora spetta a noi familiari trovare i resti dei nostri cari vittime del grande crimine e della mancata giustizia?”
Alla luce di quanto esposto e del suo impegno nel contrasto a tutte le mafie, Le chiediamo, signor Procuratore Prestipino, nel rispetto delle competenze della Procura di Roma, di fare quanto possibile per l’accertamento della verità e per l’individuazione delle responsabilità sulla scomparsa del giudice Paolo Adinolfi, anche in vista di una riapertura dell’inchiesta, resa possibile da elementi indiziari molto seri non presi in considerazione o non emersi in passato”.