Galeotto fu Segni, figlio. Con quella suo referendum contro il sistema proporzionale impapocchiò l’intero Paese, che nel mezzo del tornado di Mani pulite sognava anche schede pulite, non contaminate dal voto di scambio. La sua, quella di Mario Segni, figlio di Antonio, un presidente della Repubblica che detestava così tanto il centro sinistra Dc-Psi da accarezzare l’idea di frenarlo con l’intervento dei carabinieri, fu una grande illusione.
Perché illuse che con una riforma elettorale si potesse cambiare in Parlamento anche la mentalità degli italiani. E soprattutto le loro abitudini che non erano né quelle del bipolarismo, né di un astratto bipartitismo. Inutili, quanto vani, furono gli avvisi ai naviganti di chi con lungimiranza spingeva già allora per il sistema tedesco o, in subordine, per quello francese, forse per “acclimatare” gli italiani che del proporzionale classico si erano dissetati, fino a stare male.
Mario Segni, però, sembrava l’incarnazione dell’uomo della provvidenza, il genius loci che tutto sa e provvede. E infatti venne il Mattarellum, un maggioritario ibridato che spianò poi la strada (o un’autostrada) al Porcellum escogitato dal leghista Calderoli, il padre di tutto il ciarpame dialogico sul sistema elettorale. Insomma, dopo quasi un quarto di secolo andrà forse in porto un proporzionale con sbarramento al cinque per cento che potrà dare agli italiani la sensazione di essere un Paese normale. “Non è mai troppo tardi”, diceva nella sua celebre trasmissione televisiva degli anni Sessanta il maestro Alberto Manzi. Un insegnante che sapeva trasmettere dal video anche il valore della libertà. Speriamo soltanto che la nuova legge non arrivi a libertà già perduta…