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sabato, 27 Luglio 2024

Finanza pubblica, senza verità assolute

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Redazione
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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

La finanza pubblica non si misura in termini economici assoluti di utile o di perdita di bilancio. Questi hanno una rilevanza marginale. I fatti finanziari sono letti, per lo più, in termini giuridici (e, soprattutto, politici). Così può capitare che la stessa notizia circoli in due versioni contrapposte, tuttavia entrambe fondate. Ciascuno può credere alla versione  che ritiene più giusta. Vediamo alcuni casi.
Nel Report sulla finanza pubblica del 15 settembre, la Banca d’Italia informa che, a fine luglio 2017, il debito pubblico italiano è ulteriormente cresciuto raggiungendo i 2.300 miliardi di euro (+ 18,9 miliardi rispetto al mese di giugno; + 50 miliardi da inizio anno). In linea con questa notizia, il Ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, al Convegno organizzato dalla CGIL sul tema: “La buona finanza. Oltre le crisi bancarie, crescita, uguaglianza, lavoro” (19 settembre), non può che osservare: “Male il debito pubblico”. Però lo stesso Ministro, nel corso della conferenza stampa tenuta il 23 settembre al termine del Consiglio dei ministri sul Documento di economia e finanza, dichiara: “Sul debito pubblico, nel 2017 noi prevediamo un abbattimento. Il debito continuerà a scendere”.
Il giornale La Stampa del 23 settembre segnala che un documento definito “top secret” del Ministero della salute svelerebbe che, nelle sole aziende ospedaliere, c’è un buco di 1,5 miliardi. Però la Corte dei conti, esaminando il bilancio dello Stato 2016, a giugno ha dichiarato che la Sanità ha un avanzo di 312 milioni.
Il Bollettino delle entrate tributarie 2017 n. 185 (settembre) del Ministero dell’economia e delle finanze comunica che, nel periodo gennaio-luglio 2017, le entrate per le tasse hanno registrato, nel bilancio dello Stato, incassi inferiori di 2.930 milioni di euro rispetto all’analogo periodo del 2016 (− 1,2%), diminuendo da 236.042 milioni a per 233.112 milioni. Però lo stesso Bollettino − in altra Sezione − evidenzia che, nello stesso periodo, le entrate tributarie sono aumentate dell’1,6%.
E’ del tutto naturale che il cittadino, ricevendo notizie così contraddittorie e su cifre piuttosto importanti, resti frastornato. E la domanda che, immediatamente, si pone non può che essere: ma la verità dove sta? Sebbene possa apparire paradossale, ogni notizia ha una giustificazione. Dipende dal punto di vista dal quale la si guarda.
Debito pubblico. Se ragioniamo in termini economici terra a terra, constatiamo che il debito pubblico aumenta in continuazione. E, col debito, ovviamente aumentano anche gli interessi (70/80 miliardi all’anno). L’economia aziendale privata ci direbbe che il dato fornito dalla Banca d’Italia è quello veritiero poiché si riferisce a una quantità reale di denaro che lievita in continuazione, e che andrà materialmente restituita a chi ce l’ha prestata.
Ma il Ministro Padoan − tornando, evidentemente, a fare il politico dopo la confessione al Convegno della CGIL − afferma che il debito pubblico scende. Come può dirlo? In questo caso, il riferimento non è più a una quantità fisica di denaro e a una regola aziendale, ma a un rapporto matematico/giuridico/politico. Non appena l’Istat ha comunicato che, nel secondo semestre 2017, il Pil è cresciuto dello 0, 4% e che, quindi, si può stimare un aumento del Pil italiano, su base annua, dell’1,5%, il Governo si è immediatamente buttato sui parametri europei che regolano il debito degli Stati dell’Unione europea. Siccome in base a quelli il debito pubblico si valuta in rapporto al Pil, se questo cresce diminuisce, ovviamente però solo in percentuale, il debito. Infatti, nel quadro programmatico governativo, il debito pubblico scende, nel rapporto con il Pil, dal 132,6% del 2016 a (ben) il 132,5% nel 2017.  Quindi, anche il Ministro Padoan dice una verità.
Buco da 1,5 miliardi nella Sanità. Esaminando il bilancio dello Stato, la Corte dei conti si è limitata a valutare le cifre che vi comparivano e, contabilmente, è arrivata ad affermare l’esistenza di un avanzo. Ora il documento “top secret” parla di mistificazioni nei rapporti finanziari tra regioni ed enti sanitari. Pagamenti “a piè di lista” da parte delle regioni, coperti dagli aumenti delle tasse. Non conoscendo il documento, non è possibile dire dove sta la verità. Ma se si arriva a certe affermazioni da parte di ricercatori, qualche fondamento ci sarà pure. Corte dei conti e studio “top secret” dicono entrambi cose vere, sebbene contraddittorie.
Diminuzione delle entrate tributarie. Qui il discorso è strettamente giuridico. Se si considerano le entrate delle tasse in termini di stima (non ci si fonda sulla realtà, ma sulla norma giuridica che autorizza a considerare come entrata una somma anche soltanto attesa), c’è una previsione di un modesto aumento nel periodo gennaio luglio 2017 dell’1,6%. Se si guarda alle somme che sono effettivamente entrate nelle casse dello Stato nel periodo considerato, la diminuzione è dell’1,2%. Eppure, secondo le norme della contabilità pubblica, entrambi i dati sono giuridicamente giustificati (forse però la Banca d’Italia è più contenta delle somme di denaro che entrano effettivamente che non di quelle attese: il debito diminuirà se ci sono entrate reali e non soltanto virtuali).
Di fronte a un quadro con queste caratteristiche, al cittadino non resta che far ricorso a Pirandello e pensare al suo lavoro teatrale: “Così è (se vi pare)”. Sostiene Pirandello che ciascuno può interpretare la realtà come ritiene più giusto. Prevale sempre il relativismo. Anche nella finanza pubblica dunque non ci sono verità assolute. Per interpretarla vale sempre la regola del: “Così è (se vi pare)”.

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