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sabato, 27 Luglio 2024

Una “Città di città” più coraggiosa

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Davide Ricca
Come sapete, domenica prossima, 12 ottobre, verrà eletto il Consiglio metropolitano di Torino. Tutti i sindaci e gli amministratori (più di 3800) dei Comuni presenti sul territorio provinciale sono chiamati alle urne per eleggere i 18 consiglieri che avranno il compito di scrivere il nuovo assetto amministrativo della Città Metropolitana. Non si voterà per il sindaco della Città Metropolitana perché esso corrisponde di diritto Primo cittadino del Comune capoluogo, ovvero al sindaco di Torino Piero Fassino. Una bella sfida, figlia della cosiddetta “Legge Delrio” che ha abolito le provincie elettive, istituito le Città Metropolitane e ridisegnato l’assetto amministrativo in Italia di quelle che in Europa sono le NUTS 3 (Nomenclature des Unités Territoriales Statistiques).
Non sono certo che il PD abbia fatto una gran scelta con la decisione di promuovere una lista cosiddetta “costituente”. Sia chiaro che prima di scriverlo qui l’ho detto nelle sedi opportune, quelle di partito, quelle giuste. Anche perché non mi sembra sia tanto costituente una lista che vede assieme “solo” Partito Democratico, Forza Italia e Nuovo Centrocestra. Le intenzioni erano buone ed è vero che i nuovi consiglieri scriveranno la Costituzione della nuova Città Metropolitana, ovvero il suo Statuto; com’è pure vero che il mandato è limitato perché nel 2016 si voterà a Torino. Ma è anche vero che nel momento in cui le altre forze politiche si sono tirate fuori dalla mischia, forse andava abbandonato il progetto. A meno che, ma sono certo che questa sia un’illazione, il progetto stesso non avesse come scopo prevalente quello di blindare i 18 neo-consiglieri puntando ad avere una e una sola lista, certi che le altre forze in campo non ce l’avrebbero fatta. Così i magnifici 18 passavano tutti assieme e amen. Una sorta di Porcellum mascherato. Ma questo lo possono immaginare solo i malpensanti.
E invece? Invece è andata che alla lista “Città di Città” (il nome è carino, bisogna ammetterlo) ovvero quella costituita appunto da PD-FI-NCD, se ne sono aggiunte altre due: la lista “Movimento 5 Stelle” (originalissimi, così non ci si confonde) e una lista civica denominata “Alternativa del Territorio”, che tuttavia è civica solo nel nome, perché vede candidati insieme amministratori della Lega Nord, Fratelli d’Italia e Alleanza Nazionale.
E ora viene il bello. Perché difficilmente tutti e 18 i candidati di “Città di Città” saranno eletti. Ci potrebbero essere delle sorprese. Sì! Perché sebbene il sistema di voto sia complesso (si tratta infatti di un sistema ponderato che assegna al voto dei consiglieri dei comuni con il maggior numero di abitanti un peso preponderante rispetto a quelli dei Comuni con pochi residenti) le possibilità che anche le due liste outsider abbiano dei rappresentanti nel Consiglio Metropolitano sono molto alte. Anche perché, candidando ciascuna 11 consiglieri invece dei 18 presenti nel listone, puntano sulla concentrazione del voto. Se a questa variabile aggiungiamo i giochi interni di rappresentanza politico-territoriale ed il mal di pancia dei delusi del PD (e dei suoi alleati occasionali) il rischio che qualcuno al suo interno salti è reale.
Mi spiace molto che a Torino il PD non abbia fatto come a Roma, Milano o come in altre parti d’Italia. Rinunciare al bipolarismo e alla vocazione maggioritaria, lasciare la torcia dell’innovazione in mano ad altri, esporsi alle critiche di “inciucismo” penso sia un errore. Conosco la passione e l’impegno che tutti gli amministratori del mio partito mettono anche nei Comuni più piccoli, ho visto con i miei occhi lo sforzo di mediazione per comporre la lista, ma se il PD non riesce in ogni luogo possibile a riaffermare la propria vocazione maggioritaria rischia tanto di sembrare la formazione di chi difende le rendite di posizione. Invece che quella che cerca di combatterle.

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