Che succede a Torino Nuova Economia? Riassumiamo la contorta situazione di relazioni politico-istituzionali intorno alla società nata per dare fiato agli investimenti su una parte delle ex aree Mirafiori.
La compagine societaria di Torino Nuova Economia S.p.A. è oggi così costituita: Finpiemonte Partecipazioni S.p.A.: 48,86%; Finanziaria Città di Torino Holding S.p.A.: 48,86% FCA Partecipazioni S.p.A.: 2,28%; Il capitale sociale è di € 54.270.423,59. La società gestisce i terreni dismessi dell’ex Fiat Mirafiori e del campo volo. http://www.torinonuovaeconomia.it/index_ita.php.
Ad amministrare la società c’è Davide Canavesio, confermato ad nel 2017 dalla nuova amministrazione grillina e da poco confermato anche in Envyronment park S.p.A: si presume, quindi, in sintonia coi nuovi inquilini di Palazzo civico.
L’ex Provincia di Torino ha chiesto e ottenuto il recesso; la richiesta dell’ex Provincia, oggi Città Metropolitana è stata pari a 6 milioni di euro.
La Società ha presentato domanda per il concordato preventivo e la stessa è stata già depositata al tribunale fallimentare di Torino nel mese di agosto e l’iter è stato avviato. Ora i vertici stanno mettendo a punto il piano straordinario di rientro da presentare al giudici per l’approvazione.
Nel piano, è pari a 2 milioni di euro il finanziamento da parte di Finpiemonte Partecipazioni, che ha condiviso le indicazioni della Regione, che, quindi, erogherà questa somma per sostenere il piano industriale di ristrutturazione di TNE. La delibera subordina il sostegno a una serie di condizioni, prima fra tutte la revisione del piano industriale, con l’obiettivo di ridurre ulteriormente i costi di gestione della società, accelerare le vendite e rafforzare così la tenuta del piano stesso.
Un’ulteriore condizione è che, a fronte di un fabbisogno complessivo rivisto successivamente in 2,5 milioni di euro e dell’impegno di Finpiemonte Partecipazioni a coprirlo fino a 2 milioni, i restanti 500 mila euro vengano garantiti dagli altri soggetti che partecipano la società, ovvero dal Comune di Torino per il tramite della sua Holding finanziaria FCT s.r.l.
“La Regione non può usarci come un bancomat”
Il Piano industriale di ristrutturazione costituisce la base per il concordato in continuità, al fine di consentire a TNE di andare avanti nell’attività di valorizzazione del patrimonio immobiliare.
La sindaca Appendino, pochi giorni fa, per bocca del suo assessore Rolando (“La Regione non può usarci come un bancomat”), ha disatteso questi accordi, tirandosi indietro.
Il presidente Chiamparino, molto seccato per il comportamento del Comune, al termine di un incontro convocato d’urgenza con la sindaca all’indomani delle dichiarazioni di chiusura di Rolando, si è detto comunque fiducioso che il Comune troverà un modo per essere parte del nuovo piano industriale di TNE. «TNE oggi più che mai può svolgere un ruolo strategico per una reindustrializzazione intelligente e la riqualificazione di un’area importante di Torino», ha aggiunto.
Il cambio di rotta dell’amministrazione pentastellata è avvenuto dopo frenetiche consultazioni tra la prima cittadina, il presidente di TNE Canavesio e i vertici dell’Unione Industriale, in questi giorni impegnati nella presentazione del dossier per la realizzazione del Competence Center previsto dal dossier industria 4.0 del ministro Calenda.
Gli industriali spingono perchè sia proprio l’area TNE ad ospitare il Competence Center e – forti di un legame strettissimo con la prima cittadina – hanno lavorato per ricucire lo strappo tanto che, successivamente alla riunione con il Presidente della Regione, Appendino ha dichiarato: «TNE è strategica per il progetto Manufacturing Techonolgy Center».
Perché, dunque, il Comune continua a lesinare il suo intervento? Le motivazioni che trapelano (molto simili a quelle che furono alla base del ritardo con cui la Città di pronunciò sul piano di GTT) sembrano legate alla carenza di disponibilità finanziarie. Tuttavia questa ipotesi non sembra del tutto fondata.
Vediamo perchè:
- FCT srl di proprietà del Comune ha in pancia quasi il 50% delle azioni di TNE ad un valore di 16,5 milioni di euro.
- Originariamente la Città deteneva una quota del 43,54% del capitale di TNE, ma la (scellerata) uscita della Città metropolitana (cui Sindaco è sempre la Appendino) ha aumentato il peso del Comune portandolo a quasi il 50%.
- La partecipazione in TNE è nel bilancio di FCT è stata già svalutata di oltre 3 milioni nel bilancio del 2016 (approvato nell’estate 2017) proprio per adeguarlo al piano di ristrutturazione conseguente il concordato in continuità.
- Quindi, se il Comune non si impegna per 500mila euro, potrebbe dover svalutare la sua partecipazione indiretta in TNE completamente e per quasi 15 milioni. Ovvero per non versarne 0,5 ne “fumerebbe” 15. Ecco cosa non quadra in questa vicenda.
Fonti di stampa affermano che la sindaca avrebbe richiesto un nuovo concordato. Perché? Preparare un concordato ha dei costi molto salati – fino a centinaia di migliaia di euro – che comunque pagherebbe la pubblica amministrazione. Chi sosterrà questi costi? Sarebbero giustificati?
Sarebbe doloroso scoprire che per fare e disfare la proposta di concordato, si spendessero risorse pubbliche per importi vicini a quelli che sarebbero bastati per finanziare il semplice risanamento. http://www.torinonuovaeconomia.it/upload/trasparenza/nuova/1773974758Incarichi.pdf.
Resta da capire se il balletto dell’amministrazione sul futuro dell’area TNE sia dovuto ad effettivi problemi di disponibilità finanziaria, sia un modo per chiamare in causa le fondazioni bancarie, anch’esse coinvolte nel protocollo di intesa per la realizzazione del Manufacturing Tecnology Center che Appendino e Gallina annunciavano come destinato a TNE già nel luglio scorso (http://www.lastampa.it/2017/06/27/economia/un-centro-tecnologico-a-mirafiori-MfQX8ltcRDjteJc2nrddUL/pagina.html), oppure sia la solita strategia di urlare al lupo al lupo in attesa dell’intervento della Regione.
Una strategia che sembra pagare e che l’amministrazione pentastellata ha già messo in atto nei casi Gtt e lavoratori della Fondazione Musei. La soluzione amministrativa e le risorse arrivano dalla Regione Piemonte, i comunicati stampa che annunciano il salvataggio (fatto con risorse di altri e dopo la fuga della Città Metropolitana amministrata da Appendino) sono di marca grillina.