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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Tav, l’analisi costi-benefici: il documento integrale

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

Pubblichiamo integralmente il dossier con l’analisi costi-benefici commissionata dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. Documento in cui secondo il team coordinato dal professore Marco Ponti la Tav avrebbe un divario tra costi e presunti benefici compreso tra i 5 e gli 8 miliardi.

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Nello condotto dal team guidato dal professor Marco Ponti e composto da Paolo Beria, Alfredo Drufuca, Riccardo Parolin e Francesco Ramella si è proceduto, come spiegano nell’introduzione all’analisi costi-benefici, lavorando su due filoni: a partire dai precedenti documenti del Ministero, le analisi del 2000 e del 2011, cercando di evidenziare le lacune e le problematicità. e nel contempo affrontando una nuova analisi basta su una metodologia corretta. Infatti, obbiettivo dello studio, affermano gli esperti, è di stare “on the safe side“, ovvero essere più prudenti nelle valutazioni e nelle stime che sarebbero state troppo generose nei documenti precedenti.

L’analisi di Ponte prende in considerazione ogni singolo dato dei precendenti studi arrivando a smontare le previsioni ottimistiche di crescita che vedono un aumento del trasporto ferroviario della Torino-Lione di 2,5 per cento annuo da qui al 2059. In particolare per gli studiosi la costruzione della nuova linea ad alta velocità non attirerebbe l’interesse di chi sceglie altri percorsi o altre forme di trasporto, comportando invece un minor gettito di entrate per i pedaggi stradali.

Come esempio Ponti cita il caso della Svizzera dove la ferrovia ha subito un notevole calo a favore dei trafori: «Come noto, nello scorso decennio sono stati realizzati due trafori di base in territorio elvetico; nel 2007 è stato aperto al traffico il tunnel del Lötschberg e nel 2016 quello del Gottardo avente caratteristiche analoghe a quelle del nuovo collegamento sulla tratta Torino – Lione. Prima dell’apertura del traforo stradale del Gottardo (1981), la ferrovia deteneva il quasi monopolio dei traffici (97 per cento delle tonnellate trasportate). Nei due decenni successivi la ferrovia è scesa fino al 64% per cento dei traffici nel 2002 per poi risalire leggermente attestandosi al 66,3% nel 2006. Negli anni immediatamente successivi all’apertura del Lötschberg la quota della ferrovia torna a scendere e poi risale nuovamente; nel 2017 si è attestata al 69,8%. Si stima che la interruzione per 50 giorni della tratta del Reno presso Rastatt abbia determinato nello scorso anno una riduzione della quota di mercato del traffico merci ferroviario transalpino dell’1%».

Non solo. L’analisi costi-benefici fa notare come il numero di mezzi pesanti che transitano al confine tra Italia e Francia tramite il Frejus è molto basso rispetto alla media di veicoli che transitano in altre zone. Ragione per cui la Torino-Lione non apporterebbe benefici in termini di traffico e di emissioni di Co2: «Nel 2016 sono transitati ai trafori stradali del Fréjus e del Monte Bianco intorno ai 5.000 veicoli medi al giorno; la quota di mezzi pesanti è pari al 41% nel primo caso e al 31% nel secondo. Negli altri due trafori alpini con una corsia per senso di marcia, il San Bernardino e il Gottardo, i flussi medi si sono attestati intorno ai 7.100 e ai 17.600 veicoli con una quota di mezzi pesanti compresa tra l’8% e il 13%. Gli altri attraversamenti – Ventimiglia, Tarvisio e Brennero – con due corsie per senso di marcia hanno flussi complessivi compresi tra poco meno di 14.000 e 30.000 veicoli al giorno con una quota di mezzi pesanti di poco superiore al 20%.  Al Fréjus sono transitati nel 2017 poco meno di 1,8 milioni di veicoli, circa 1/6 di quelli del Brennero.Il flusso veicolare massimo, pari a 2,7 milioni di veicoli, venne registrato nell’anno 2000 in concomitanza con la chiusura del traforo del Monte Bianco allorquando quasi tutto il traffico pesante venne “dirottato” sull’itinerario della Valsusa. L’attuale regolamento di circolazione del traforo del Fréjus prevede che all’interno del tunnel,tutti i veicoli in marcia debbano mantenere, rispetto al veicolo che precede una distanza di sicurezza di 150 m, fatta eccezione per gli autobus che seguono un veicolo superiore a 3,5 tonnellate che devono rispettare una distanza minima di 300 m. La velocità massima consentita è di 70 km/h e quella minima di 50 km/h. Assumendo una velocità media di 60 km/h e una distanza minima tra il fronte di due veicoli successivi pari a 160 m, si determina una capacità oraria pari a 375 veicoli per senso di marcia e di 750 veicoli complessiva (all’incirca un terzo di quella teorica per una carreggiata a due corsie).Ipotizzando un utilizzo limitato a 18 ore al giorno, si determina una capacità giornaliera complessiva uniformemente distribuita pari a 13.500 veicoli. Nel 2019 è prevista l’apertura al traffico della seconda canna del traforo stradale del Fréjus con conseguente (più che) raddoppio della capacità complessiva che si attesterebbe intorno ai 30.000 veicoli ossia sei volte il flusso medio giornaliero attuale».

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