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sabato, 27 Luglio 2024

Tato Russo al Carignano per Il fu Mattia Pascal

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Sono iniziate martedì sera le rappresentazioni al Teatro Carignano dell’adattamento al palcoscenico del romanzo di Luigi Pirandello Il fu Mattia Pascal. Lo spettacolo, in tour ormai dal marzo 2011, è diretto, adattato e interpretato dall’autore e regista Tato Russo. Sarà in scena a Torino fino al 7 dicembre. Il fu Mattia Pascal, scritto da Pirandello nel 1904, è il romanzo che gli conferì attenzione europea (anzitutto di pubblico) e suggellò l’inizio della sua maturità letteraria. Attraverso lo stratagemma narrativo di un paradosso macabro l’autore affrontò il tema della responsabilità personale, delle costrizioni sociali della società borghese e del conflitto sordo e irrisolvibile tra vita e mondo o tra soggetto e vita, prima ancora che tra forma e vita.
Nel romanzo la moglie e la suocera di Mattia Pascal (uomo di provincia, insoddisfatto della sua vita sociale e familiare) asseriscono di aver riconosciuto il suo cadavere in quello d’un suicida. Mattia si trova in realtà a Montecarlo, dove si era rifugiato per qualche giorno di malinconico svago, e decide di approfittare della circostanza per cancellare la sua precedente esistenza, diventando un altro. È sufficiente, tuttavia, cambiare nome, o morire per l’anagrafe, per cambiare vita? Mattia si trasferisce a Roma, dove, con il nuovo nome Adriano Meis, insegue l’amore problematico di Adriana, donna modesta, circondata suo malgrado da personaggi disgustosi o inquietanti, fino alla decisione di inscenare un nuovo suicidio e ritornare alla vecchia identità, per accorgersi che, anche così, non riuscirà ad attenuare il senso di delusione e profonda frustrazione che lo accompagnano.
L’adattamento della prosa letteraria al teatro, operato dall’autore-regista, appare riuscito, benché lo stesso non possa dirsi della sua performance recitativa e di quella della maggior parte degli altri attori – piuttosto piatta, senza infamia né lode. Fa eccezione Marina Lorenzi (la madre, Silvia Caporale). La regia ha optato per una forma estremamente piana, molto concentrata sul parlato, schiacciata sulla dimensione letteraria non teatrale, propria di un romanzo, dell’opera originaria, risultando infine monotona. La scenografia (Tony Di Ronza) è semplice, cupa, trasformata durante le diverse scene attraverso lo spostamento o l’inserimento di oggetti di mobilio sulla scena, che appaiono e scompaiono di volta in volta grazie all’uso di luci e ombre (Roger La Fontaine). Piuttosto azzeccate le musiche (Alessio Vlad), diffuse attraverso registrazioni audio che comprendono anche una voce narrante del protagonista-regista. (L’audio s’interrompe però in maniera brutale, sgradevole, per qualche oscura ragione, ad ogni inserimento nella scena.)
Tato Russo è stato autore e regista di decine di commedie ed opere teatrali, o adattamenti, dall’inizio degli anni Settanta. Ha esercitato un ruolo di primo piano nella gestione e nella programmazione artistica di diversi teatri a Napoli, Viterbo e Roma nel corso della sua vita professionale. Sulla sua reputazione pesa però l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica nel 2006. Tiepidi, nei suoi confronti, gli applausi della sala, composta da molti studenti universitari e non poche coppie di una certa età, il cui abbigliamento ha espresso nel modo più patente l’assoluta indifferenza per qualsiasi risvolto mondano si fosse voluto associare alla serata – nonostante all’esibizione abbia assistito, dalle ultime file, anche il giovane viveur Joy, detto “Il Re della Notte” per il suo carisma trascinatore durante i weekend torinesi tra i quartieri-movida e il lungofiume.

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