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sabato, 27 Luglio 2024

Strage di Caselle, tutti i capitoli di un giallo

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

All’indomani dell’arresto del suo compagno aveva detto che a essere uccise quella notte erano state due famiglie: quella degli Allione a colpi di tagliacarte, e la sua. Oggi invece una svolta, l’ennesima, nella strage di Caselle. Gli inquirenti non si sono fermati alla confessione di Giorgio Palmieri: «Ho fatto tutto da solo», e questa notte hanno fermato per concorso in triplice omicidio l’ex colf Dorotea De Pippo: infatti risulta che il Palmieri abbia telefonato alla donna, sua ex convivente, prima e dopo il folle gesto.
Una vicenda la cui trama svela sempre un tassello nascosto. Una sorta di gioco delle scatole cinesi. La sera di venerdì 3 gennaio nella villetta di via Ferrari a Caselle Torinese sono circa le 20. Al citofono del numero 13 una voce, è quella del Palmieri, dice di dover parlare con loro per un prestito, 500 euro, che aveva ricevuto proprio dalla famiglia Allione presso cui la convivente aveva lavorato fino ad alcuni mesi prima. In casa ci sono Claudio Allione, 66 anni, ex dipendente della Sagat, la ditta che gestisce i servizi dell’aeroporto di Torino, Maria Angela Greggio, 65 anni, ex professoressa in pensione, e la madre di lei, la novantenne Emilia Campo Dall’Orto.
I cani, due pastori tedeschi,vengono chiusi nello scantinato, una prassi che si seguiva ogni qual volta veniva qualcuno in visita.
Poi il caffè preparato da Maria Angela che consumano tutti insieme attorno al tavolo e il Palmieri che dice di non avere i soldi per saldare il suo debito. La moglie di Claudio lo guarda stupita, al ché l’uomo chiede di andare in bagno. Sta temporeggiando. Deve guadagnare tempo prima di mettere in atto quel piano per avere altro denaro.
Ma in quel bagno l’uomo ci rimane a lungo quel tanto da insospettire Claudio che gli chiede cosa stia facendo. E a quel punto si scatena la follia. A finire per primo sotto i colpi impietosi è proprio Claudio; la moglie si scaglia in sua difesa ma anche lei cade riversa sul pavimento dalla moquette rossa nel corridoio.
C’è ancora però la “nonnina”, come l’aveva definita nella confessione il Palmieri in un baluginio di tenerezza nelle tinte oscure di quella mattanza. L’assassino ha paura che abbia visto qualcosa perché Emilia è uscita dalla sua porta e poi è subito rientrata nella stanza. Ma Palmieri vuole essere certo. Apre quella porta, la nonnina sta giocando a carte sul letto, si accorge di lui, gli chiede cosa stia facendo lì e si arrabbia. L’uomo non ci vede più. Prende il tagliacarte insanguinato e la colpisce ripetutamente. Nonna Emilia cerca di difendersi ed è proprio in quella posa plastica, che sembra fermare per sempre il disperato tentativo di evitare quei colpi,che viene ritrovata riversa nel suo letto. A questo punto il killer decide di coprirla con la coperta. Un gesto “amorevole”. Amore e morte. Gusto amaro che rimane nella bocca del Palmieri quando, con la voce rotta dal rimorso, dice: «Io a lei non volevo ucciderla».
Esce di casa velocemente, ma non prima di aver ripulito ogni cosa ed essersi portato via le tazzine di caffè e la caffettiera, che lancia in un canale che fiancheggia una strada a pochi metri di distanza dal numero 13 di via Ferrari. Quelle stesse tazzine che saranno ritrovate dal figlio e che daranno un colpo di coda decisivo alle indagini portando all’arresto del Palmieri.
Quei corpi rimangono immobili. Incastrati per sempre in un tempo che si è fermato. Vengono scoperti solo la domenica. A mettere in moto la macchina degli inquirenti è una telefonata a un amico fatta dal figlio Maurizio Allione preoccupato per il silenzio dei genitori e della nonna.
Lo scenario che si presenta non appena viene aperta la porta della villetta degli orrori inganna ancora una volta. In un primo momento i carabinieri pensano che si tratti di una morte per inalazione di monossido di carbonio.
Ma così non è. L’analisi dei corpi mostra la vera causa. Quelle ferite d’arma da taglio disvelano la mano di un assassino.
E inizia la caccia all’uomo. Il figlio Maurizio viene travolto dalla macchina dei sospetti. La sua vita viene rivoltata come un calzino. Si indaga, si insinua: aveva iniziato a girare con brutta gente, la ragazza Milena lo aveva ammaliato e trascinato dentro a giri poco raccomandabili. Tutte voci che non avranno mai conferma.
Poi la svolta. Le due tazzine, come detto, vengono ritrovate da Maurizio e Milena mentre sono a passeggio con i due cani. Nella villa, intanto, ci sono i Ris di Parma a caccia di indizi.
L’assassino, perché dall’esame autoptico è emerso che è una sola mano ad aver ucciso, ha un nome: Giorgio Palmieri, l’ex convivente della donna che lavorava come colf presso gli Allione, confessa dopo poche ore. Troppi gli elementi che lo incastrano: il lavoro dei Ris, le impronte sulle tazzine, la testimonianza di Maurizio, fondamentale per ricostruire la famiglia, le conoscenze, i litigi e così individuare un colpevole, e l’analisi delle celle telefoniche. Ma ha fatto tutto da solo. Così dice. Nonostante le sue parole, però, gli inquirenti continuano a indagare,come se mancassero proprio,come detto, altri tasselli.
Dopo ventidue giorni un colpo di scena: anche “Tea” De Pippo viene fermata,come detto, per concorso in triplice omicidio. A incastrarla alcune telefonate partite dal cellulare del Palmieri, ma ci sarebbe anche una prima ammissione da parte dello stesso uomo, che se prima la scagionava adesso la rende complice.
Ora sarà da capire quale ruolo abbia avuto, e se lo ha avuto, l’ex colf, licenziata a suo tempo per una catenina sparita dalla villa degli Allione: era presente al massacro oppure sapeva del piano diabolico e ha taciuto?
Le prossime ore saranno importanti per ricostruire e fare una quadra di quanto è accaduto.

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