Scurdateve ‘o passato cara Nostra signora Appendino e cooperatori del movimento sociale Cinquestelle. I fasti del giugno 2016, i sondaggi del settembre dello stesso anno che indicavano la sindaca di Torino la più amata dagli italiani, sono tramontati. Nel giro di due anni, quella credibilità, secondo un sondaggio di Piepoli, pubblicato su La Stampa si è dissolta. A difendere lo stellone è rimasto lo zoccolo duro del 30 per cento degli elettori che la portò al ballottaggio, più qualche punto in frenata, non ancora in libera uscita. Nell’insieme, sei elettori su dieci la bocciano.
La luna di miele è finita, l’empatia con la città pure. Rimane soltanto l’amaro in bocca per i fatti del 3 giugno dello scorso anno in piazza San Carlo, sui quali i torinesi hanno potuto misurare lo scaricabarile con cui la sindaca ha pensato bene di farsi largo nel dedalo di responsabilità. Scuse ed alibi, però, al momento congelati dalla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura subalpina. Il consenso che se ne va non è altro, dunque, che la fotografia semplice e nitida dello scarto tra promesse elettorali e risultati garantiti, tra slogan e idee applicate.
Ad Appendown, dopo le magre sulla candidatura olimpica, non rimarrà ora che affidarsi alla guardia di ferro delle truppe pentastellate, elettori che continuano a manifestarle una quasi plebiscitaria fedeltà; di certo superiore a quella espressa sulla giunta. Trincerata nel bunker grillino la sindaca così si potrà dedicare alla passione che meglio le riesce: l’isolamento in un silenzio pneumatico che le rende paradisiaco il non prendere mai decisioni. I suoi elettori, quelli della descrescita felice la ringraziano. La città un po’ meno. Lei, se vorrà salvare la poltrona, potrà sempre entrare nel “cerchio olimpico” delle opposizioni, pronte a sostenerla. Forse è il male minore, a patto che i voltagabbana tornino di moda. Ma per sua fortuna, la cosa è molto frequente in Italia. Vedremo.