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giovedì, 24 Ottobre 2024

Mirafiori, rifugiato del Darfur picchiato perché “negro”. La denuncia di Ilda Curti

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Picchiato perché è un “negro”. È quanto ha denunciato un rifugiato del Darfur, in Italia dal 2011.
L’uomo, uno studente universitario ospite della parrocchia della chiesa dell’Ascensione, quartiere Mirafiori a Torino, sarebbe stato preso a calci e pugni, da due uomini, dopo essere stato minacciato con un coltello.
Uno dei presunti aggressori, un italiano 51 anni è stato arrestato dai carabinieri, chiamati dalla stessa vittima.
Secondo il suo racconto il rifugiato sarebbe stato picchiato per il colore della pelle: «Mi hanno dato del negro di merda. È stata un aggressione a sfondo razziale».
A denunciare quanto avvenuto sui social è stata Ilda Curti, ex assessore comunale all’Integrazione, che conosce lo studente visto che insieme lavorano ad un progetto europeo.
Così racconta la vicenda Ilda Curti.
«A è mio amico. È nostro amico.
Non ve la racconto, la sua storia. Perché è atroce ed è mio amico. Quello che so di lui è storia sua che ha condiviso con me. Io, le storie degli amici, le tengo strette soffrendo con loro.
A viene dal Sudan. È nero nero. Gentile, ironico e intelligente. Nero.
Ieri sera è stato aggredito da due italiani che gli hanno urlato “negro di merda” e gli hanno fatto del male. Per fortuna è arrivata la polizia, chiamata da amici di A, che è riuscita ad arrestarne uno.
Questo è successo di sera, davanti ad una parrocchia frequentata da A, in un quartiere benestante di Torino.
Questo è quello che sta succedendo, tutti i giorni, nelle nostre città. Questo, non altro: violenza e razzismo.
Io spero che il tam tam degli amici che oggi si sono stretti intorno ad A possa lenirgli qualche ferita. Una delle tante. Dico solo che qualche mese fa mi ha detto che finalmente, in Italia, si è sentito al sicuro. Ed oggi mi ha detto che ha ricominciato ad avere paura.
Ed io vorrei strapparmi la pelle dal dolore, vorrei chiedergli scusa a nome di tutti noi.
Io stasera odio chi gli ha fatto del male. Odio chi tocca un mio amico. Odio chi giustifica. Odio chi tace.
“Ne touche pas à mon pote”, urlavano gli attivisti francesi un po’ di anni fa. Non toccate il mio amico. Non toccate i miei amici, omuncoli schifosi.
Non toccate i nostri amici. Siamo tanti e abbiamo le spalle larghe. Venite a prenderci, stronzi».

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