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Quale futuro per la sinistra?

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Marco Liberatori
Forse non ci rendiamo conto che quanto sta accadendo prelude a grandi cambiamenti di cui, volenti o nolenti, siamo parte in causa. Nel 2007 il sistema capitalistico liberista che ci ha governato per quattro decenni ha fatto fallimento. La devastante crisi strutturale da esso provocata è ancora lontano dalla sua conclusione. Se ne uscirà, secondo Confindustria, nel 2021. Chi, come il Presidente del Consiglio Letta dichiara che ne stiamo già uscendo confonde (involontariamente?) la recessione, forse in via di superamento, con la crisi che si potrà superare soltanto quando disoccupazione e reddito pro-capite saranno ritornati ai livelli del 2007.
Le misure prese sino ad oggi non sono tali da affrontare alla radice le sue cause ma, al contrario, tendono ad aggravare la situazione, soprattutto a danno dei paesi Ue, colpiti più duramente. Quanto sta accadendo favorisce una ulteriore concentrazione della ricchezza a scapito dei ceti più deboli, nonché del ceto medio. Contemporaneamente le retribuzioni perdono potere d’acquisto non solo per l’inflazione (attualmente contenuta) ma soprattutto per veri e propri tagli delle buste paga. E’ quanto stanno facendo grandi multinazionali con il ricatto dello spostamento degli impianti in paesi con salari inferiori. E’ forse la peggiore conseguenza della politica liberista che ha creato un mercato del lavoro globale senza alcuna protezione per i lavoratori.
Si sta determinando, sotto certi aspetti, una situazione paragonabile a quella degli anni ’30 del secolo scorso quando la crisi, iniziata anche allora negli Usa, e la successiva depressione aprirono la strada ai regimi dittatoriali in Italia e in Germania. Negli Stati Uniti le cose andarono diversamente grazie al progetto d’ispirazione keinesiana del New Deal varato dal Presidente Roosevelt. Si pose così un freno alla rovina del sistema paese ripristinando il primato della politica sull’economia. Che valse a Roosevelt l’accusa di comunismo da parte degli ultras repubblicani.
Ed è al New Deal (e non al Piano Marshall) che la Ue dovrebbe guardare per rilanciare l’economia, abbandonando la fallimentare linea dell’austerità imposta dalla Merkel e, a quanto pare, sostanzialmente proseguita dall’attuale governo di coalizione con i socialdemocratici. Ma questa possibilità appare ancora lontana. Questo alimenta, non solo nel nostro Paese, una sfiducia nei partiti, senza distinzione tra destra e sinistra, da cui derivano rabbia, disperazione, paura che rappresentano il pericolo maggiore per la democrazia. Ridare fiducia dovrebbe essere oggi il primo obiettivo della politica. Ed è solo la sinistra, a mio avviso, che potrebbe farlo dando risposte credibili ai problemi dell’oggi inquadrandoli in un progetto a lungo termine, collegando organicamente il presente al futuro. Una speranza per il domani basata su alcuni obiettivi chiari e credibili.
E’ il momento di superare il paradosso che vede nel nostro paese l’assenza di un progetto politico della sinistra (e non di centro-sinistra con la prevalenza del centro) come risposta in positivo al fallimento del neoliberismo. Un progetto a dimensione europea, articolato in progetti dei singoli paesi per renderlo declinabile secondo le specifiche realtà nazionali.
La nuova aggregazione politica della sinistra europea capace di realizzare quanto sin qui ho cercato di esporre sta spero nascendo in Grecia, il Paese più duramente colpito dalla crisi “curata” secondo la linea Merkel. E’ la proposta di una aggregazione suggerita da Syriza, il partito di cui è segretario Alexis Tsipras oggi, secondo i sondaggi, il maggior partito greco. Oltre ai partiti (certamente Sel che ha da tempo contatti con Tsipras) potrebbero aderirvi associazioni, movimenti, singole personalità della cultura europea.
L’Italia si è già mossa in questa direzione con l’iniziativa (un appello già sottoscritto da 14 mila persone) promosso da Barbara Spinelli, Andrea Camilleri, Luciano Gallino, Paolo Flores d’Arcais, Marco Revelli, Guido Viale. Vedremo se, in vista delle elezioni europee del prossimo Maggio potrà nascere anche un programma della sinistra europea che si raccoglie nella Gue. In questo contesto è augurabile che la sinistra italiana , aderendo a questa coalizione, lanci un Piano euro ed eco (l’ecologia è determinante) compatibile per la rinascita economica, sociale, culturale del nostro Paese. Su tale piano sarebbe auspicabile l’apertura di un confronto aperto sui vari media, web compreso, che potrebbe suscitare, quanto meno a sinistra, notevole interesse data l’attualità dell’iniziativa di Tsipras, recentemente intervistato da giornali e Tv. Potrebbe anche dare voce a quel popolo della sinistra, deluso e silente, da tempo in attesa di riconoscersi in un progetto all’altezza dei tempi.
Nel futuro della sinistra europea vedo un compito arduo ma irrinunciabile: portare l’Unione Europea fuori dalla crisi, ponendo le basi per evitare in futuro che possano ripetersi altri analoghi eventi devastanti e creare le condizioni per la rinascita dell’Europa secondo gli ideali di coloro che la concepirono a Ventotene.

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