di Vittorino Merinas
Non è pensabile che Francesco abbia svoltato l’angolo del 2020 esecrandolo per le mareggiate che gli si sono rovesciate addosso sia come capo dell’istituzione ecclesiastica che come pastore della collettività umana ai cui problemi e sventure non si è mai sottratto per quella fraternità e solidarietà che è l’anima del vangelo, da lui celebrate nell’enciclica Fratelli tutti.
Fisico mai domo pur se acciaccato, animo temprato dalle molteplici esperienze e prove disseminate nella sua vita di sacerdote e di religioso gesuita, la serenità con la quale, come rivelò, accolse la sua elezione alla cattedra di Pietro, non l’ha abbandonato nei sette anni di pontificato, preparato com’era ad accoglierne soddisfazioni e pene dalla lettura, nei 19 mesi trascorsi in quasi esilio a Cordoba, dei 37 volumi della Storia dei papi di Lugwig Pastor. “Non posso non chiedermi perché Dio mi abbia ispirato a leggerli. Era come se il Signore mi stesse preparando con un vaccino. Una volta che conosci la storia dei papi, non c’è molto che ti possa preoccupare di ciò che ora succede in Vaticano e nella chiesa. E’ stato molto utile per me”.
Ripercorrendo il passato anno di pontificato, non è difficile trovare fatti che rivelano la sua forza d’animo e la sua capacità di prendere e reggere decisioni anche drastiche per dar risposte a problemi spesso già annosi come l’abuso sessuale di giovani vite da parte del clero. Un problema arcinoto, secolare, sempre coperto dal silenzio e risolto trasferendo gli abitués in nuovi pascoli. Oggi, invece, sono d’obbligo denuncia e processo, senza badare al colore della talare indossata dai criminali. Il cardinale Theodore McCarrick, abilissimo diplomatico e procacciatore di moneta, qualità che spinsero Giovanni Paolo II a promuoverlo alla sede di New York nonostante gli avvertimenti sulla sua famelicità sessuale di giovani e seminaristi, è ora, novantenne, ridotto allo stato laicale. Recentemente Francesco al nunzio apostolico di Parigi ha tolto l’immunità diplomatica lasciandolo alla condanna del tribunale di Parigi a 9 mesi con la condizionale per abuso sessuale di giovani.
Meno noto all’esterno, ma rilevantissimo nell’ambito vaticano, il suo impegno per il rigore e la trasparenza nell’amministrazione dei beni della Santa Sede, prima gestiti da più organismi, ora affidati ad un unico ente più facilmente controllabile. L’illustre caduto in questa guerra all’allegra gestione dell’appetibile ‘sterco del demonio’, è stato il cardinale Becciu, già vicesegretario di Stato con ampia disponibilità di denaro variamente e discutibilmente impiegato. Recente esempio di quella mala gestione è il miliardo e 400 milioni trasferiti dal Vaticano in Australia in 47 rimesse, di cui la Santa Sede e l’episcopato del Paese si dicono all’oscuro.
Del 2020 di Francesco neppure si può dimenticare la fermezza, anche nei momenti di insofferenza di molti episcopati per le limitazioni imposte alle attività religiose, con cui ha sostenuto le disposizioni dei governi per arginare la virulenza del virus covid.
Sono fatti, però, da lasciare ormai alla storia e rivolgersi al 2021, per richiamare due problemi già affrontati dal papa, ma lasciati con lacune da colmare. In primo luogo l’ecologia, che Francesco ha fatto campo di missione d’una chiesa doverosamente impegnata nella realtà contemporanea anziché permanentemente col collo torto al passato. Un campo che per buone ragioni si prospetta come decisivo per la stessa sopravvivenza dell’uomo. L’enciclica Laudato si’ descrive la criticità del globo terracqueo cui l’ha portata l’attiva insipienza dell’essere autodefinitosi sapiens. Un’analisi, però, tutta rivolta alla qualità condannabile della presenza dell’uomo sul pianeta Terra, ma che non sfiora il problema della sua quantità. Una quantità a crescita esponenziale che in una manciata di decenni è passata da poco più d’un miliardo a oltre sette miliardi. Un aspetto invece rilevato con preoccupazione da Luca Mercalli, attento indagatore della situazione del pianeta. “Si chiede più natalità, ma non si fanno mai i conti con le risorse dell’ambiente che dovrebbe sostenere l’aumento della popolazione… Il prelievo di cibo e il rilascio dei rifiuti”. Una rilevazione cui non può sottrarsi a dar risposta colui che presiede un’istituzione che considera la prolificità benedizione di Dio e giustificazione del rapporto sessuale matrimoniale.
C’è una seconda, ma non secondaria questione che Francesco dovrebbe definire. Proprio nel dissolversi del 2020, il governo argentino, nonostante la forte opposizione sua e dell’episcopato locale, ha liberalizzato l’aborto. Un atto dovuto da un governo laico a fronte d’un diritto ormai generalmente riconosciuto nell’area culturale occidentale, di cui la chiesa potrebbe rammaricarsi, ma non condannare? Così dovrebbe essere stando a quanto detto da Francesco a proposito dell’omosessualità: “Le persone omosessuali hanno diritto a stare in famiglia, sono Figli di Dio… Quello che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile. Hanno il diritto di essere coperti legalmente”. Parole che sottintenderebbero il principio che lo Stato ha il dovere di creare le condizioni affinché ogni cittadino possa vivere ed esprimersi come la Natura lo ha fatto e godere dei diritti che gli sviluppi culturali vanno man mano maturando, pure se la chiesa ancora non li fa propri. Il 2021 appena avviato offre a Francesco tempo abbondante per rispondere ad entrambe le questioni.