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sabato, 27 Luglio 2024

Piazza, bella piazza…

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Stefano Tallia *
Adesso provo a metterla giù in maniera un po’ più seria…
Non nego di aver provato un leggero sussulto, un paio di giorni fa, quando un collega mi ha chiesto un’opinione in quanto “ex leader” del movimento studentesco a proposito della scarsa partecipazione a un corteo indetto dai ragazzi delle scuole torinesi.
Ero un po’ in imbarazzo non solo per quella curiosa sensazione di passato (tu) che genera una domanda del genere, ma anche e soprattutto perché ricordo bene il fastidio che mi suscitavano, una ventina di anni fa, le dichiarazioni degli allora “ex leader” del ’68. Per loro, ogni cosa noi facessimo per rendere un po’ migliore la società, era sempre troppo poco, era sempre molto meno e comunque meno figa di quanto avessero fatto avessero loro, “ai loro tempi”. Così, per non cadere nella tentazione della nostalgia, mi sono limitato a dire, cosa che per altro credo fermamente, che non sia possibile un paragone tra epoche tanto diverse. Una cosa però, riflettendoci un po’ meglio, salta agli occhi più di tutte: il cambiamento dell’idea della piazza.
La piazza era cioè per la mia generazione il luogo del tutto. In piazza ci si incontrava per giocare a calcio e con le figurine. In piazza si scambiavano i primi baci e si fumavano le prime sigarette. In piazza si confrontavano le opinioni e infine in piazza si scendeva per ribellarsi. Ricordo di aver passato in piazza Arbarello e poi in cammino nelle vie del centro della città centinaia di mattine della mia adolescenza e della mia giovinezza, con quel freddo umido che entrava nelle scarpe e nelle giacche, ma non scalfiva il calore delle nostre Kefiah. E così è stato per molti anni, anche quando ho iniziato a percorrere quelle strade non più come manifestante, ma come giornalista. Poi, lentamente, qualcosa si è incrinato e le piazze, non solo quelle degli studenti, hanno iniziato a svuotarsi o quantomeno a riempirsi molto più raramente.
Colpa di chi? Della televisione che ci rinchiude nelle case? Spiegazione facile, troppo, e poi la televisione, anche quella commerciale, aveva già il suo bel peso anche nel cuore degli anni ’90. Del crollo delle ideologie ? Di Berlusconi? Della disfatta della sinistra? Della violenza cieca della Polizia a Genova nel 2001 ? Di tutto questo, certo. Ma la colpa, amici, colleghi e compagni, è anzitutto nostra. Non chiediamo ai ragazzi del 2015 perché in piazza oggi ci sia così poca gente.
Chiediamoci invece perché non siamo stati capaci di spiegare loro quanto sia bella quella canzone che dice “Piazza, bella piazza”. Non c’è posto migliore per crescere, sbagliare e rialzarsi. Non c’è posto più giusto perché comunque lo si farà avendo qualcun altro accanto.
Forse, tutti, dovremmo ripartire da lì.
*segretario Associazione Stampa Subalpina

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