Non si è fatta attendere la reazione dei tassisti torinesi, dopo che nelle scorse settimane erano piovute le denunce degli autisti del servizio di trasporto Uber, che lamentavano di aver subito aggressioni anche fisiche nel corso delle manifestazioni che si sono svolte in città. Il colpo di reni è contenuto in una lettera recapitata alla Procura di Torino, alla Prefettura, ai corpi di Polizia, alle Guardia di Finanza e per conoscenza alle altre istituzioni locali, Comune e Città Metropolitana.
L’oggetto è una «richiesta di intervento urgente contro abusivismo» ed è chiaro il riferimento a Uber. In particolare, i tassisti, nell’elencare le caratteristiche del loro servizio, invitano le «Autorità competenti» ad attivarsi per «porre fine al dilagante fenomeno dell’abusivismo nel servizio taxi» e, in calce, ricordano che «tutti i conducenti abusivi e tutti i potenziali clienti sono identificabili in quanto iscritti necessariamente all’applicazione che gestisce il servizio abusivo attraverso la telefonia mobile».
È Franco Melardi dell’ Unione Sindacale di Base Taxi Torino, USB, tra i firmatari della missiva, a specificare i contorni della questione e smentire categoricamente le accuse che vengono mosse alla categoria, anche riguardo agli episodi degli ultimi giorni. Quello più recente ha coinvolto un autista di Uber che era stato chiamato all’aeroporto Sandro Pertini di Caselle: i tassisti hanno allertato la Polizia Municipale, che è intervenuta per comminare una multa.
«È importante anche il linguaggio, perché non si tratta di tassisti, ma di abusivi senza licenza», dice Melardi. È proprio su questo punto che si consuma la crociata contro il colosso americano del trasporto privato, che adesso vede tra gli attori anche la Procura. È di questa mattina, infatti, la notizia dell’apertura di cinque fascicoli contro ignoti per violenza privata e danneggiamento ai danni degli autisti di Uber. Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Patrizia Caputo, riguarderebbero anche un episodio di scambio di persona che ha coinvolto un passante, importunato perché scambiato per un operatore del servizio privato.
Le indagini non riguardano però l’ipotesi di esercizio abusivo della professione e la ragione è da ricercarsi nel codice penale: dal momento che la licenza per i taxi viene rilasciata dagli enti pubblici e non implica l’abilitazione e l’iscrizione a un ordine professionale, non ci sarebbero gli estremi per far valere questa fattispecie.