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sabato, 27 Luglio 2024

Pd, ora collegio e governabilità. Il resto è solo ipocrisia

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Nessuno sa ad oggi come finirà la via crucis della riforma della legge elettorale. Ogni giorno fioccano nuovi sistemi elettorali – normalmente esterofili – che arricchiscono il paniere delle varie alternative al fatidico porcellum ormai definitivamente archiviato dalla Consulta. Ma, al di là delle varie ricette dei vari partiti e delle numerose correnti all’intero dei medesimi partiti, almeno su due punti dovremmo essere quasi tutti d’accordo. A cominciare proprio dal Pd.
Innanzitutto la scelta dei parlamentari. È a tutti noto che il tanto biasimato e criticato porcellum faceva comodo a molti, se non a tutti, partiti. Per la stragrande maggioranza degli attuali parlamentari che non godono di alcun consenso nei vari territori, il paracadute del porcellum era la soluzione ottimale. Lo sappiamo tutti. Lo sapevano tutti e questo è il semplice motivo per cui, malgrado fossero a parole tutti contrari, nei fatti nelle aule parlamentari non si è compiuto un millimetro di percorso concreto per correggerlo nell’arco di 8 anni. È stata necessaria, appunto, una sentenza della Consulta per archiviarlo storicamente. Scelta dei parlamentari che, a quel punto, era affidato esclusivamente alla discrezionalità dei capi partito. Come puntualmente è avvenuto per tutti i partiti. Pd compreso. Ora quella pagina si è chiusa. Quale pagina vogliamo aprire adesso? Diciamocelo con chiarezza e sincerità.
Tramontate, per fortuna, le “liste bloccate”, questo Parlamento difficilmente voterà un sistema elettorale che prevede il ritorno delle preferenze. E questo non solo perché le preferenze richiedono consenso personale, forte radicamento territoriale e una discreta rappresentanza sociale e culturale dei vari candidati ma anche, e soprattutto, perché il ritorno delle preferenze implica ingenti risorse finanziarie da spendere in costosissime campagne elettorali e il quasi fisiologico ritorno della corruzione politica. Uno spettacolo che francamente si può e si deve evitare. In alternativa l’unico sistema – perlopiù gettonato dagli elettori – che si può e si deve introdurre è quello rappresentato dal ritorno dei collegi uninominali.
Il famoso “mattarellum”, anche se si può rivedere in alcune declinazioni, penso all’eliminazione dello “scorporo”, per garantire meglio la governabilità della coalizione uscita vincente dalle elezioni. È l’unico strumento capace di dare rappresentanza ai vari territori, garantire la trasparenza delle campagne elettorali, consolidare la governabilità e salvaguardare lo stesso bipolarismo. Non c’è una reale e praticabile alternativa a questo sistema capace, oggi, di tenere insieme questi vari tasselli.
E, accanto al ritorno del “collegio uninominale”, la futura legge elettorale deve garantire la certezza della governabilità. Sotto questo profilo Renzi ha perfettamente ragione. Senza deviazioni autoritarie o degenerazioni presidenzialiste, la governabilità è un tassello troppo importante per rinunciarci semplicisticamente. I cittadini elettori devono, appunto, conoscere la sera stessa del voto chi ci governa, con quali forze politiche e con quali programmi senza demandare ad altri soggetti o ad un tempo indefinito la soluzione a queste semplici domande.
Ecco perché la futura legge elettorale – adesso che si deve assolutamente fare e su cui non è più possibile esercitare l’ipocrisia a cui ormai eravamo abituati da anni – non può non tener conto di questi 2 elementi basilari. E cioè, il “collegio uninominale” per la scelta dei parlamentari – preceduti da primarie vere, di territorio, e non più dalle primarie farlocche del Pd che abbiamo conosciuto nelle scorse festività natalizie – e un sistema che garantisca una vera e non fittizia governabilità.
Due condizioni a cui il Pd non si può più sottrarre e, con il Pd, tutte le altre forze politiche. Chi pensa di continuare a giocare con la furbizia e l’ipocrisia adesso sarà smentito. Su questo versante il neo segretario del Pd ha perfettamente ragione.

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