di Giorgio Merlo
Dunque, non e’ capitato nulla. Come era facile prevedere. Ne’ a livello nazionale, ne’ a livello locale. Torinese, piemontese o romano che sia. La recente sconfitta/ disfatta elettorale e’ passata quasi inosservata negli organismi di partito. Il dibattito politico che un tempo animava i partiti – ovvio, quando c’erano i partiti e non i semplici comitati elettorali contemporanei – e’ ormai un pallido ricordo del passato.
Un dibattito che, soprattutto dopo le fisiologiche e del tutto naturali batoste elettorali, era un fato normale. Ma non solo per individuare ovvie e scontate responsabilità personali o collettive, ma soprattutto per capire le ragioni politiche della sconfitta politica e per cercare, al contempo, di individuare strategie e linee capaci di favorire una rapida inversione di rotta. Oggi nulla di tutto ciò. Molto più semplicemente, o si finge che non e’ capitato nulla – “una
serie di accadimenti casuali e di risultati difficili da commentare” – o ci si impegna, piu’ a livello locale, di “voltare pagina” e di “aprire una nuova fase”. Con tutta la retorica del caso, ormai conosciuta a memoria, di superare le correnti, di rafforzare la dimensione programmatica, di aprire le porte del partito, di valorizzare la militanza, di ripartire dai circoli e bla, bla, bla.
Ora, senza infilarsi nelle dinamiche interne sempre cariche di pregiudizi personali e di ricerca del responsabile della momentanea sconfitta elettorale, l’unica e vera priorita’ politica di oggi – almeno per il Pd – resta quella di riprendere il profilo e la tradizione del “partito comunita’”. Cioe’ di un partito che discute al suo interno, che non teme di scavare le ragioni della sconfitta, che crede nella democrazia interna e che, soprattutto, non teme il confronto politico. Anche duro, ma sempre ispirato alla schiettezza e al rispetto reciproco. Elementi, questi, che oggi sono decisamente fuori
moda e fuori luogo perche’ l’unica preoccupazione resta sempre e solo quella di non entrare in collisione con il “leader” e quindi di non intralciare il suo progetto politico.
Ma, comunque sia, continuo a ritenere che le ragioni della politica e della democrazia sono piu’ forti delle mode e delle contingenti convenienze. Che sono sempre e solo transitorie e momentanee.