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sabato, 27 Luglio 2024

Non so se è renziano

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Davide Ricca
Insomma, dedicarsi all’organizzazione di un partito, alla sua riforma, non credo significhi non dedicarsi alla politica. Oggi, soprattutto per chi ha sostenuto Matteo Renzi fin dal 2012, e all’inizio dalle parti di Torino eravamo veramente in pochi, significa anche dare corpo a quel modello di partito che avevamo in mente e per cui abbiamo lottato.
Molti di noi hanno incominciato a frequentare il Partito Democratico proprio allora. Con un po’ di timore e di paura. Ricordo i primi sms quando alle primarie contro Bersani i rappresentanti di lista ti scrivevano: «Oh ma qui ci guardano male», «L’età media è piuttosto alta», «Sembra che siamo venuti a rubargli la loro casa». E così via. È passato del tempo. Abbiamo capito il valore della militanza (anche se difficilmente ci riconosciamo nel concetto di partito come fine, ma lo consideriamo pur sempre come un mezzo), abbiamo avuto modo di apprezzare lo spessore morale di molte compagne e di molti compagni che, senza chiedere nulla, aprono le sedi e si spendono alle feste come volontari, ci rendiamo conto di quanto significhi e conti una buona organizzazione.
Oggi, mentre tanti ci tengono a definirsi “renziani”, quasi ne avessero bisogno per sopravvivere (politicamente), a noi, che non dobbiamo avvalerci di un cognome per dire come la pensiamo, interessa provare ad essere semplicemente dei “democratici”. Ci voleva coraggio quando eravamo in pochi ad affrontare a viso aperto il confronto, credo ce ne voglia altrettanto per essere se stessi con coerenza rispetto a quanto sostenuto all’epoca.
Eravamo contrari al finanziamento pubblico ai partiti e lo restiamo, eravamo per la riduzione dei costi della politica e lo restiamo, eravamo favorevoli al ridimensionamento dei compensi della politica e lo restiamo. Questo comporta però una coerenza interna a tutta l’organizzazione del Partito Democratico. In primis comporta che tutti, parlamentari, senatori, consiglieri regionali ad ogni livello rispettino i loro impegni e le loro obbligazioni, anche economiche, nei confronti di quella che molti definiscono (in pubblici interventi) la loro comunità di riferimento.
Insomma, serve che se ti impegni a versare delle cifre lo fai, serve che chi utilizza quei soldi, e cioè gli organi esecutivi del partito, dicano come lo hanno fatto. Serve trasparenza ad ogni livello. Non si può scherzare ora. Il 40,8% del PD alle ultime elezioni europee è anche figlio di questo atteggiamento che Renzi ha avuto nei confronti del “sistema politico” e, soprattutto, se lo hai sostenuto al congresso mi parrebbe d’obbligo che lo seguissi in questo sforzo.
Non so se è renziano immaginare che uno mantenga la parola data, non so se è renziano che qualcuno non abbia doppi incarichi elettivi come previsto dallo Statuto PD, non so se è renziano chiedere trasparenza e pubblicità di chi fa o no quello che dice, non so se è renziano provare ad immaginare un partito che, pur prendendo il 40%, riesca a mantenersi da solo e a provare a rendersi più appetibile ai cittadini italiani affinché lo sostengano anche economicamente. Non so se è renziano, ma secondo me è sicuramente democratico.
 
*Segreteria Regionale Pd Piemonte

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