Un proiettile con una fiala piena di anestetico e una mamma orso, si chiamava Deniza, non c’è più. Morta ammazzata, incredibilmente, da una “malasanità” che è in grado di colpire ovunque e anche il regno animale. Domanda, anzi due? Ma che cavolo c’era dentro quella soluzione che avrebbe dovuto addormentare la povera bestia piuttosto che ucciderla? Non si è posto il problema “chimico” colui che ha messo nel fucile la micidiale pozione? È andata così. Ma non va niente bene.
È vero che, per ogni secondo che passa, se ne vanno all’altro mondo bambini, donne, uomini e non per cause naturali. Guerre assortite, malattie più o meno misteriose provocate di virus creati in laboratorio, attentati, denutrizione, incidenti sul lavoro, disattenzioni sanitarie, decessi per overdose, morti bianche sulle strade e sicuramente ne stiamo scordando un bel po’ di altre.
In ogni caso ciascuna di quelle morti non è casuale ma frutto della nostra inclinazione a vivere la vita “contro” sempre e in ogni situazione: Contro la natura, contro la logica, contro il buon senso, contro la misericordia, contro le normali regole della partecipazione e della solidarietà. In una frase contro noi stessi.
Ho sempre odiato la teoria del filosofo Hobbes il quale affermava che homo homini lupus. Ho sempre tentato di autoconvincermi su quanto più sano e più bello fosse pensare come Voltaire e tutti gli illuministi. Oltre il bel mezzo del cammin della vita, temo che dovrò ricredermi. Oggi un pezzettino di più. Leggendo la cronaca di un assassinio compiuto nel bosco e riflettendo sulle “colpe” di mamma orso che non aveva chiesto lei di essere portata in quel parco naturale, dieci anni fa, dove non trovando più cibo in giro per sé e per i suoi cuccioli aveva “osato” violare una fattoria e predare due polli e una pecora. Tre animali, tra l’altro, destinati alla mensa del contadino. Un delitto terribile compiuto da chi uccide per istinto e per sopravvivenza e non per avidità e interesse. Una schifezza, insomma. Non si uccide così una mamma orso.