Ultimamente si parla parecchio dei giovani. Ci si chiede perché non partecipano a manifestazioni indette da “madamin” (non bastava chiamarle donne?), perché intervengono ad un’assemblea di partito (come osa?), perché si esprimono contro la TAV all’inaugurazione dell’anno accademico (e il resto che ha detto?).
Si parla dei giovani e lo fanno ex giovani dalla memoria corta mettendosi su un pulpito che non meritano, facendo i maestri o i censori senza averne il fisico o, meglio, la statura politica e culturale. Politica perché i giovani hanno bisogno di sogno, di futuro, di ideali e che “loro” non sanno offrire. Culturale perché non sono riferimento e hanno niente da insegnare loro (salvo maneggi per stare a galla). Perché hanno la memoria cortissima.
E questo è il dramma di questo Paese salvo rare eccezioni: un piccolo grande sindaco esiliato dal suo paese, qualche centenario rimasto in vita a raccontare un’altra storia. Quell’altra storia che narra di giovani, che racconta che senza le giovani generazioni non cresce un Paese.
Quei giovani che vedevano il futuro, che ci hanno regalato il futuro. Futuro che noi oggi neghiamo ai nostri ragazzi. E se invece di “cazziarli” avessimo il coraggio politico di ascoltarli? Gli chiedessimo cosa vogliono? In che Europa vogliono vivere? E a proposito di TAV, così difficile provare ad immaginare un treno che ti porta velocemente in un’Europa davvero unita, dove un giovane avrebbe lo stesso welfare a Parigi a Monaco a Madrid a Torino? Dove iscriversi all’università è uguale a Lisbona come a Bologna o a Berlino? E il lavoro? Ma vi pare futuro che un dottore, magari con master, pedali per portare cibo a domicilio? Provate a discutere di questo invece di fargli la lezioncina, ripeto, senza averne il fisico.
Al reddito di cittadinanza devi contrapporre la certezza del futuro, se non ne sei capace hai fallito. E questo i giovani lo capiscono, hanno la memoria sgombra da preconcetti o da poltrone da salvare.