Napolitano contro conservatorismi, corporativismi e ingiustizie che frenano l’Italia. Puntuale, dopo le polemiche degli ultimi giorni, sembra arrivare l’endorsement del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano agli intenti riformatori del governo Renzi.
L’occasione è l’inaugurazione dell’anno scolastico, cerimonia svoltasi ieri al Quirinale. «Specialmente in Italia dobbiamo rinnovare decisamente le nostre istituzioni, le nostre strutture sociali, i nostri comportamenti collettivi», ha ammonito Napolitano invitando le parti politiche a procedere celermente sulle vie delle riforme. Un mantra che il Capo dello Stato ripete fin dal discorso inaugurale del suo secondo mandato.
Il job act, o decreto sul lavoro, non viene mai citato apertamente ma date le polemiche degli ultimi giorni e le querelle tutte interne al Pd, il riferimento non sembra aver bisogno di essere esplicito. «Oggi – ha chiosato il presidente della Repubblica – non solo l’Italia ma tutta l’Europa sono alle prese con una profonda crisi finanziaria, economica, sociale. E fanno fatica a uscirne. Possono uscirne solo insieme, con politiche nuove e coraggiose per la crescita e l’occupazione, dirette soprattutto e più efficacemente ai giovani».
In accordo con Napolitano le parole del presidente della Bce Mario Draghi, che nonostante le critiche alla lentezza della politica italiana, torna a sottolineare l’esigenza di riforme radicali e veloci. «La crisi finirà solo quando tornerà una piena fiducia nell’economia, quando le imprese torneranno ad assumere rischi, investire, creare lavoro. Questo dipende da molti fattori, inclusa la politica monetaria ma soprattutto dall’attuazione delle riforme che sosterrà la credibilità».
Ma sul piano prettamente politico le divisioni proseguono, e con esse le critiche all’operato del governo. Nei giorni scorsi era stata rivelatrice la reazione del segretario Cgil Susanna Camusso alla riforma del lavoro presentata da Renzi, che porta con sé un superamento dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, che prevede il reintegro degli stessi in caso di licenziamento senza giusta causa.
«Il modello di riforma del lavoro che sembra avere in testa il presidente del Consiglio è quello del liberismo della Thatcher», aveva chiosato la Camusso commentando il progetto di riforma del lavoro e sostenendone la continuità rispetto alla riforma del governo Berlusconi. Critiche aspre anche da parte della minoranza Pd, che negli ultimi giorni ha iniziato a ventilare l’ipotesi di ricorrere a un referendum interno tra gli iscritti per decidere se sostenere o meno il progetto presentato dal governo.
Ma la risposta di Matteo Renzi non s è fatta aspettare: «Non sono una foglia di fico», ha commentato il premier assicurando di aver intenzione di procedere spedito per la sua strada. «Serve un cambiamento violento» ha poi ribadito dalla Silicon Valley, dove si trovava in visita nei giorni scorsi. Forte, a questo punto, anche del sostegno del Colle.