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sabato, 27 Luglio 2024

MinD. Bellezza e abbracci per migliorare la residenzialità psichiatrica

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Un tavolo né rotondo né quadrato che lega le due forme è il risultato simbolo di MinD Mad in Design 2018. Il workshop multidisciplinare, alla sua quarta edizione, che parte dal design per migliorare la residenzialità psichiatrica. Un workshop con la collaborazione di ASL To5 e LAGO spa, e il sostegno della Compagnia San Paolo, che ha portato alla realizzazione di sei progetti di tavoli sull’abitare inclusivo. Un progetto che trova linfa nell’entusiasmo di cinquanta studenti universitari che hanno elaborato sei progetti insieme a quindici utenti dei servizi di salute mentale della Asl 5 e sei infermieri impegnati quotidianamente con passione nel rapporto con i pazienti psichiatrici.
L’idea alla base di questo ambizioso progetto è dell’architetto Giulia Mezzalama, di Sandra Poletto (Fondazione Ceur) e della psicologa Elena Varini (Blu Acqua).
Oltre al tavolo, le proposte hanno toccato dettagli e valenze simboliche in relazione ai percorsi riabilitativi e al benessere di chi vive in queste strutture come ospite o come operatore. In tal senso è stato ribadito come il miglioramento di un ambiente non rappresenti un fattore meramente estetico, in quanto residenze più curate infuenzano non solo il clima umano ma anche i percorsi riabilitativi degli ospiti e la condizione delle persone che vi lavorano. Per questo non solo psicologi ma anche architetti, antropologi, esperti delle Asl, associazioni, artisti fotografi hanno discusso e fornito il loro contributo ai gruppi di lavoro per disegnare case in cui ogni dettaglio è stato rivisto, come gli angoli di un tavolo, per favorire accoglienza e dialogo fondamentali nei percorsi di inserimento degli ospiti
Tornando ai progetti presentati si è puntato anche sul fattore emotivo evocativo. C’è chi ha portato i profumi di piante aromatiche che smuovono la memoria, chi ha proposto materiali e colori particolari (sull’azzurro) belli al tatto, oltre che alla vista. Dettagli di arredamento mirati a favorire relazioni, espressività e condivisione. In questo quadro dialogo, ascolto, abbracci e anche il pianto risulta importante. Significativamente è stato ricordato come oltre ad essere un segno di sofferenza e sfogo, piangere rappresenti il primo suono della vita umana, un simbolo di rinascita.
Uno dei principi cardini di MinD è che le sue proposte non sono “per” la fragilità ma “con” la fragilità. Questo attraverso il coinvolgimento diretto di alcuni ospiti (15) nella realizzazione delle idee innovative che, in questa edizione, si sono concentrate sull’oggetto chiave della comunicazione e dell’inclusione: il tavolo. (In tal senso è stato ricordato come il tavolo diventi femminile quando si associ al cibo).
Un “fare insieme” importante sotto l’aspetto riabilitativo mentre è indubbia la funzione di sensibilizzazione che MinD sviluppa sul tema dell’attenzione al mondo del disagio mentale che interessa una percentuale significativa della popolazione. Un mondo molto più ampio di quello che si possa pensare visto che si stima riguardi 50mila soggetti solo in Piemonte.
I promotori del progetto si dicono particolarmente contenti per come si sia potenziata la “rete” tra i tanti soggetti a vario titolo coinvolti nelle iniziative per migliorare gli spazi che ospitano persone con disagi mentali.
Ma a fronte di tante belle idee molte realtà della residenzialità psichiatriche sono spesso caratterizzate da arredi tristi, tradizionali dove dominano vecchie scrivanie. Ambienti il cui miglioramento può significare molto nell’apertura di circuiti virtuosi oltre la mera logica assistenziale
I numeri della residenzialità psichiatrica piemontese contano circa 3mila persone in centinaia di strutture tra Gruppi Appartamento, comunità alloggio e Comunità protette. Tutto questo in una fase in cui questa articolata realtà vive una fase di forte preoccupazione. E’ quanto emerge dall’intervento di Barbara Bosi, presidente di ALMM onlus (Associazione per la Lotta contro le malattie mentali), attiva da 50 anni per i diritti dei malati psichiatrici, che provocatoriamente afferma «Il manicomio è ancora nella testa di tanti che si occupano di psichiatria», ribadendo la sua denuncia per come sulla salute mentale si rischi di “tornare indietro”.
L’ALMM è duramente impegnata, contro i provvedimenti regionali di riordino dei servizi residenziali psichiatrici (in particolare la Deliberazione della Giunta Regionale dgr n.29 3922) contro cui ha presentato ricorso accettato dal Tribunale che ha emesso due sospensive sulla delibera.
Provvedimenti che per la Bosi vanno respinti in quanto puntano a scaricare sulle famiglie le criticità di un sistema in grossa difficoltà, spostando un numero consistente di persone ora seguite dalle strutture con un percorso terapeutico al socioassistenziale. Per Bosi le strutture non sono utilizzate in modo adeguato e mostrano forti carenze. Un sistema in cui, nonostante la buona volontà di tanti operatori, si continuano a registrare episodi sconcertanti come quello avvenuto nel 2015 nella struttura di Borgo d’Ale. Un sistema che di fatto per la Bosi nega l’approccio riabilitativo a tanti pazienti. Nel suo j’accuse l’unica nota positiva riguarda l’esperienza di Alessandria: «Una realtà all’avanguardia nel supporto psichiatrico grazie alla collaborazione attivata tra servizio pubblico, utenza e famiglie» conclude la Bosi. 
Per Elena Varini, psicoterapeuta di Blu Acqua società che si occupa di residenzialita psichiatrica , MinD è un progetto innovativo che attraverso le elaborazioni dei gruppi nei workshop rompe la staticità del comparto caratterizzato da luoghi tristi brutti senza identità. Insomma un passo di rottura, una frattura che costringe tutti a mettersi in discussione.
«La nostra idea – spiega la psicoterapeuta – è partita dal coinvolgimento di più soggetti architetti, designer, falegnami, artigiani università, enti pronti a dare il loro contributo per migliorare le “case e gli interni che ospitano il disagio mentale, confrontandosi con gli ospiti e con i loro parenti, perché migliorare i luoghi che ospitano il disagio psichiatrico è importante perché anche la bellezza è cura».
Varini solleva una nota dolente per i numeri appena simbolici dell’inserimento delle persone con disagi mentali nel mondo del lavoro, ma con un sorriso conclude: «beh qualcosa si è avviato ed è un primo passo importante a cui ne seguiranno sicuramente altri. Si apre una fase di speranza e cambiamento».
Voglia di cambiare di progettare di filosofeggiare sugli arredi e i loro simbolismi. Certo al momento i risvolti concreti nelle strutture non sono entusiasmanti ma è importante che tutti i soggetti ragionino insieme di queste problematiche coinvolgendo in prima persone i pazienti che sono intervenuti nel corso della presentazione del workshop raccogliendo tanti applausi.
In fondo fermarsi e ragionare su cosa rappresenta un tavolo, un angolo, un materiale è andare nel profondo sui temi della condivisione e dell accoglienza. Si spera che abbia ragione Sergio Endrigo quando cantava: “ma era bella, bella davvero in via dei matti numero 0”.

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