Avere in tasca il denaro contato per il biglietto del treno e accorgersi soltanto all’ultimo che non basta più. Storie di ordinaria vita da pendolare. Non fantasie, ma realtà vissuta da molti in queste ore. Come è accaduto ieri a Federica, che dopo essere uscita da lavoro si è precipitata correndo alla stazione Porta Nuova di Torino, e al momento di pagare ha scoperto che per il biglietto da venti chilometri che la porterà a Rosta dove abita deve sborsare non più 2,25 euro, ma ben 45 centesimi in più: 2,70 euro.
Federica è rimasta sbaccalita. Non se lo aspettava. E a bocca aperta è rimasta anche la Regione, che in questo momento ha ben altro a cui pensare tra scontrini per macellai, cene e sigarette, il tutto pagato con i soldi pubblici.
Una batosta per le tasche dei piemontesi, l’ennesima, un aumento che era atteso per metà dicembre e che invece si è abbattuto quindici giorni prima del previsto. Un bel regalo dal Babbo Natale “Ferrovie dello Stato”.
L’incremento del prezzo è stato implacabile soprattutto per le corse singole con un più 25% nelle fasce più frequentate, ovvero quelle comprese tra i 20 e 40 chilometri. Un po’ più generosa è la stangata sugli abbonamenti: i settimanali salgono tra il 9 e il 15%; mentre i mensili dell’8,7 e gli annuali del 9.
Magra consolazione: i biglietti Gtt di pullman, metropolitana e tram rimangono invariati.
In tutto ciò il trasporto pubblico ferroviario rimane penoso: treni fatiscenti e ritardi vergognosi. E l’unico ritocco che sono in grado di fare è quello sui prezzi.
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