Ha un curriculum lungo 20 pagine, ma non basta per spegnere le fiamme della polemica accese intorno alla sua nomina. Al contrario proprio la sua attuale occupazione fa a pugni con l’incarico che Luigi Di Maio gli ha affidato a capo dell’Anpal, l’Agenzia nazionale del lavoro.
Stiamo parlando di Mimmo Parisi, fino a pochi giorni fa un perfetto sconosciuto ai più, ma che è il papà dei “Navigator”, punto cardine della piattaforma per incrociare offerte e domande di lavoro su cui si dovrà reggere il Reddito di Cittadinanza.
“L’italo-pugliese”, come lo ha definito in una delle sue gaffe Di Maio quando lo ha presentato al Paese intero, è nato a Ostuni nel 1966 e arriva dalla Mississippi University e a quanto pare sembra intenzionato a non lasciare la sua cattedra nonostante l’incompatibilità con il ruolo all’Anpal. Mentre il governo, che è volato fino in Usa per portarsi a casa quello che per il ministro del Lavoro è il miglior software esistente e il suo creatore, glissa sulla vicenda.
«Abbiamo ascoltato il professor Parisi in un’audizione in Commissione lavoro settimana scorsa e da lì si è capito che qualcosa non andava», spiega il senatore del Partito Democratico Mauro Laus, membro della Commissione Lavoro del Senato.
Continua Laus: «Alle nostre domande sul fatto che lo statuto di Anpal preveda che il presidente debba lavorare solo per Anpal ci è sembrato cadere dalla nuvole borbottando che avrebbe parlato con la sua università». Già, perché il nodo cruciale della nomina di Parisi sta proprio nel fatto che il professore non avrebbe nessuna intenzione di lasciare il suo lavoro in Mississippi, forse progettando di volgerlo in parallelo all’incarico assegnatogli dal governo, a differenza di quanto aveva fatto il suo precedessore, il professor Maurizio Del Conte che per l’Anpal ha chiesto una aspettativa triennale alla Bocconi.
E se Parisi fa finta di niente anche il governo non dice nulla e va avanti per la sua strada. Tanto che la Commissione Lavoro del Senato è stata chiamata a votare per il nuovo presidente Anpal. «Prima della votazione abbiamo chiesto alla presidente Nunzia Catalfo di sciogliere il nodo sull’incompatibilità, ma non ci è stata data nessuna risposta. Si è proceduto nei lavori come se nulla fosse e come se la nostra domanda non fosse mai stata fatta», racconta Laus, che assieme agli altri tre senatori Pd membri della Commissione, Edoardo Patriarca, Annamaria Parente e Tommaso Nannicini, ha lasciato l’aula senza votare la nomina.
Eppure, nonostante i Cinque Stelle procedano convinti sulla loro strada, il Quirinale per il momento non ha ancora emanato il decreto che formalizza la nomina di Parisi: «Ad oggi non c’è nessuna certezza, e questo temporeggiare significa che qualcosa che non va c’è», prosegue Laus.
Anche perché al problema dell’incompatibilità dei due incarichi si aggiungerebbe quello del conflitto di interesse da cento milioni di euro, legato al software di proprietà del centro di ricerche della Mississippi State University gestito, come detto, dallo stesso Parisi. In sostanza l’Anpal dovrebbe acquistare la piattaforma per i Navigator dalla stessa università statunitense in cui lavora quello che dovrebbe diventare il presidente dell’Agenzia.
Un vero e proprio garbuglio legislativo. Infatti nella prima bozza del Decreto si stabilisce che il Ministero del Lavoro possa “stipulare convenzioni con enti terzi” per l’acquisizione di piattaforme informatiche.
Ma la bozza viene successivamente corretta perché viola la normativa europea in materia di appalti pubblici. Così viene inserito un comma a dir poco singolare, in cui si permette a società in house dello Stato di acquistare software. In questo caso la società in house è Anpal Servizi Spa.
Problema risolto (se così si può dire) soltanto a metà, dal momento che non solo per l’acquisizione di servizi sarebbe comunque necessario indire una gara, ma anche perché il resta il conflitto di interesse, non cancellabile con un comma.
«Di sicuro anche in questa occasione i Cinque Stelle hanno dimostrato di trattare il Senato con totale indifferenza, non dando nessuna risposta alle nostre domande. Loro hanno la maggioranza, hanno i numeri e pensano di poter fare quello che vogliono: questa è la loro democrazia», denuncia ancora il senatore Dem, che annuncia l’intenzione di proseguire la battaglia: «Io e i miei colleghi non abbiamo mai abbassato la guardia e continueremo a tenerla alta anche nelle prossime settimane».