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sabato, 27 Luglio 2024

Le domande di Pietro Orlandi in Vaticano avranno concreti sviluppi? La verità tra speranze e dubbi

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Dopo 40 anni di muri e silenzi finalmente qualcosa ha smosso il Vaticano di Papa Francesco. E’ durato ben otto ore l’atteso incontro tra Pietro Orlandi e la sua legale Laura Sgro con il promotore di giustizia della Città del Vaticano Alessandro Diddi. Tutti si chiedono se finalmente ci si trovi davanti una svolta nel caso Orlandi dopo decenni di pressioni e istanze da parte dei comitati di solidarietà promossi con ostinazione dal fratello di Emanuela. Una determinazione che ha consentito questo sviluppo che fa seguito all’istituzione della Commissione d’inchiesta parlamentare e all’inchiesta vaticana, aperta a inizio 2023, dopo decenni in cui è stata negata anche l’esistenza di un dossier Orlandi dietro le mura leonine. Certo c’è attesa per le novità da Oltretevere, dopo la perdurante chiusura eloquentemente sintetizzata nel giugno 2017 in quel “per noi il caso Orlandi è chiuso” comunicato ai media dal cardinale Angelo Becciu.

Nel lungo colloquio Pietro Orlandi, oltre a depositare una memoria, ha richiesto l’ascolto di alcune persone che risulterebbero coinvolte a vario titolo nella vicenda Orlandi. La quindicenne cittadina vaticana sparita nel nulla il 22 giugno 1983. Sono emersi i nomi dei cardinali Re e Sandri, del capo della gendarmeria Giani e dal suo vice Alessandrini, oltre al presidente del tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone (che nel 2015, in veste di procuratore capo, archiviò il fascicolo Orlandi), e l altro procuratore Giancarlo Capaldo (che sarebbe stato protagonista nel 2012 di una iniziale trattativa con esponenti vaticani).

Nel lungo cahier de doleance presentato su messaggi, documenti e interventi che coinvolgerebbero in questi decenni il Vaticano sul caso Orlandi, non poteva non far scalpore il fatto che Orlandi abbia sottolineato il contributo di un personaggio, legato alla Banda della Magliana, che ha esplicitamente puntato il dito contro il papa santo e alcuni porporati polacchi (si pensa anche al capo dello IOR Marcinkus) avvezzi a suo parere a vizi inconfessabili. Sono decine i personaggi di ogni risma che in questi anni hanno annunciato clamorose novità senza mai poi uno sviluppo concreto.

Insomma pare in atto un pieno rilancio della pista pedofilia, dopo il ritorno della “via londinese” . Una via che, secondo alcune ipotesi, vedrebbe la sfortunata ragazza transitare da Santa Teresa di Gallura in Sardegna prima del suo presunto arrivo a Londra, con le voci di un intervento di uomini dell’organizzazione paramilitare Gladio.

A questo ha fatto da contraltare la recente dichiarazione di Marco Fassoni Accetti (il personaggio che fece ritrovare il flauto di Emanuela), che ha sostenuto come questa vicenda tocchi il Vaticano ma non certo nelle sue sfere più alte.

Insomma parrebbe un po’ strano che , per coprire vizi segreti e inqualificabili a cui si ridurrebbe un caso internazionale sviluppato nel vivo della guerra fredda, si arrivi a eliminare o tacitare (nel macabro linguaggio della mala organizzata) due ragazzine mentre da piazza San Pietro si reiteravano appelli per la libertà di Emanuela Orlandi vittima di un misterioso ricatto.

Un ricatto che, per stessa ammissione di Pietro Orlandi, non sarebbe sostenibile per le proporzioni e le implicazioni raggiunte dal caso.

Certo non saranno solo quelle due sfortunate quindicenni a essere cadute in questa ipotetica rete pedofila in tonaca. In ogni caso bisognerà tenere conto di più piste e elementi in nome di quella ragione di Stato, o quelle ragioni di stati, che finora hanno reso questo caso intricato, confuso e senza responsabili.

Un mistero che potrebbe ancora permanere fino a quando non si farà luce sulle vere motivazioni nel mare di persistenti depistaggi e ambiguità.

Tra le voci critiche emerge la posizione del giornalista Fabrizio Peronaci, autore di tre libri sul caso Orlandi, (di cui il primo scritto a quattro mani con Pietro Orlandi), che, dopo le perplessità sulla pista londinese, denuncia: “accusare Wojtyla di pedofilia mi sembra troppo”. Definendosi agnostico, rispettoso delle religioni, ha aggiunto: “Non è gettando fango senza prove su un Papa che si contribuisce a raggiungere la verità”.

Ora sarà importante capire quali sviluppi potranno comportare le nuove aperture e gli incoraggianti segnali di disponibilità ora lanciati dal Vaticano di Papa Francesco dopo tante chiusure e delusioni.

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