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lunedì, 2 Dicembre 2024

La rivoluzione dei robot collaborativi e democratici passa dalla Vanchiglietta

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Piccoli, leggeri, versatili, maneggevoli, efficienti, multiuso, sicuri e non costosi. Possono fare un omlette, etichettare, avvitare, sistemare oggetti, effettuare manovre di precisione in laboratorio. Si attaccano alla normale spina della corrente e non si fermano mai. Sono i cobot (robot collaborativi) ben in mostra nel corso della presentazione a Torino, in via Lessolo, a due passi da Lungo Po Antonelli, della sede italiana dell’Universal Robots alla presenza del suo presidente Jürgen von Hollen.
UR è l’azienda danese, nata nel 2005, leader del settore, che ha inventato nel 2008 il primo robot leggero dalle mille applicazioni e che ora ha scelto Torino come sede per il suo lancio in Italia. Un segno nell’ automazione industriale. Un passo che con il tempo si è confermato come un’importante evoluzione dalla robotica tradizionale verso una di servizio quanto mai duttile, in grado di adattarsi alle esigenze più diverse, più vicina all’uomo ed a un utilizzo più domestico
Questa tipologia di robotica costituisce un mercato in piena espansione, che punta molto sulle piccole e medie imprese, tanto che stima per il 2021 un giro di 2 miliardi di dollari.
Oggi si contano 21mila cobot operativi nel mondo ma, nel giro di due tre anni, è previsto un aumento esponenziale delle vendite nei settori più disparati, compreso quello della scuola, dell’educazione e della ricerca. Comparti a cui Alessio Cocchi, responsabile commerciale Universal Robots Italia, rivolge una particolare attenzione: «Abbiamo avviato un importante collaborazione con il Politecnico perché siamo di fronte a sviluppi e applicazioni in continua e rapidissima evoluzione nei campi più diversi».
Continuando con i dati, quelli piemontesi e italiani risultano in linea con le tendenze del mercato. Un mercato che vede metà delle sue vendite in Europa, un quarto nelle Americhe e il resto in Asia e Africa.
Il 2017 è stato l’anno chiave per il consolidamento del fenomeno cobot, con vendite salite del 72%, mentre per il 2018 il presidente Von Allen prevede un’ulteriore crescita dei ricavi di almeno il 50%: «il mercato dei cobot dovrebbe continuare ad essere uno dei principali driver di crescita nel mercato dell’automazione. La mia aspettativa è continuare a sfruttare la posizione di leader di mercato e crescere allo stesso tasso dei robot collaborativi previsto per il 2018 globalizzando ulteriormente le vendite e la portata dei nostri servizi».
Le parole flessibilità e facilità di impiego sono i fattori chiave di un successo rivolto a tutte le imprese ma in particolare ad operatori più piccoli che non dispongono di particolari risorse finanziarie e di personale per un prodotto che si presta a molte soluzioni adattando software e supporti tecnici.
Per Cocchi si tratta di una sorta di “robotica democratica” a disposizione di molti soggetti, anche di imprese molto piccole, laboratori, artigiani. C’è chi vede il cobot come protagonista della rivoluzione “Industria 5.0” basata su una collaborazione uomo robot che aumenta la produttività non riducendo l’occupazione. A chi storce il naso ritenendo che le persone che lavorano presso uno spedizioniere etichettando le bottiglie potrebbero perdere il posto con l’arrivo del cobot etichettatore viene risposto che gli aumenti di produttività possono garantire non un calo ma bensì un aumento dell’occupazione in campi più qualificati, questo in un mondo in cui si parla di riduzione dell’orario di lavoro a 23 ore, tema al centro del dibattito tedesco.
I cobot sono prodotti in Danimarca ma gli sviluppi non escludono possibili altre soluzioni in futuro.
Per quanto riguarda questa scelta di Torino come base per il mercato italiano, e in particolare di zona Vanchiglietta, viene così motivata da Cocchi: «Non è un fatto casuale. Non volevamo risiedere in un grigio capannone o in un ambiente anonimo fuori da una città che rappresenta un polo della robotica italiana». Questo ricordando come la manifatturiera robotica industriale sia nata in Piemonte, al servizio dell’industria automobilistica, e come qui siano presenti significative professionalità e competenze legate alla robotica e alla sua integrazione in un contesto vivo e dinamico di piccole imprese che rappresentano uno dei naturali sbocchi per l’impiego dei cobot.
Con orgoglio infine Cocchi ribadisce: «Noi abbiamo inventato questo prodotto dando origine al segmento della robotica collaborativa. In fondo siamo come la Apple per l’Hi Phone».
Universal Robots occupa 470 persone di 35 nazionalità presenti in 15 stati differenti ed è prevista una rapida crescita anche di questo dato. In conclusione viene ricordato come su questo mercato siano gli unici ad offrire un servizio di formazione gratuito per l’utilizzo dei robot in modo da diventare “programmatori base”, ricorrendo ai moduli formativi della piattaforma on line Academy. Anche questo è un modo per facilitare la diffusione del prodotto tra tanti piccoli imprenditori e operatori.
Insomma con i robot collaborativi le fantascientifiche guerre tra uomo e robot vengono ampiamente ridimensionante in quanto con i cobot sono progettati non per sostituire gli operatori ma per assisterli e aiutarli nei ruoli più impegnativi.
Infine c’è chi si spinge anche a trovare i cobot come promotori di un approccio in grado di creare nuovi lavori meno faticosi, ripetitivi, noiosi, più creativi, remunerativi ed a maggior valore aggiunto. Insomma in grado di spingere la crescita di posti di lavoro molto diversi da quelli precedenti e sicuramente qualitativamente migliori. Un bel discorso forse solo per l’occidente ma in ogni caso si tratta di un trend tecnologico non invertibile.

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