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sabato, 27 Luglio 2024

La bordata di De Bortoli

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Non so chi ci sia dietro la bordata che il direttore uscente del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli ha sparato in prima pagina contro il presidente del consiglio Matteo Renzi, accusandolo nella sostanza di essere un cialtrone manovrato dalla massoneria e circondato da cortigiani incompetenti. Posso avere qualche idea, ma a differenza della maggior parte dei commentatori, e a rischio di passare per ingenuo, penso che la ricerca del mandante sia meno interessante dei contenuti dell’articolo. Che in gran parte condivido.
Lo ammetto. Qualche speranza sul nostro nuovo presidente del consiglio, all’inizio, ce l’avevo. Di lui mi piacevano il linguaggio diretto, la capacità di interpretare gli umori dell’elettorato di centro-sinistra, la voglia di scardinare i vecchi riti della politica insieme a tutti i loro stanchi officianti.
Poi è arrivata la legittimazione del voto europeo, quel 40,8% che in termini assoluti corrisponde a meno di un elettore su quattro, ma è comunque un risultato straordinario e in parte inaspettato. Aveva e ha il Paese in mano, Matteo Renzi. I suoi avversari, dentro e fuori il PD, sono stati costretti ad abbozzare. Possono impegnarsi in azioni di guerriglia, ma sanno che se cercassero lo scontro frontale gli offrirebbero una grande occasione per regolare i conti, perché un ritorno alle urne li cancellerebbe dalla scena politica.
Dunque, almeno fino a quando all’orizzonte non comparirà una alternativa credibile, il presidente del consiglio ha un potere immenso, e poche scuse per gli errori commessi. Che in questi nove mesi di governo sono stati molti. Per dirla con De Bortoli, la “muscolarità del premier tradisce a volte la debolezza delle idee e la superficialità degli slogan. La sua oratoria è straordinaria, nondimeno il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa”, mentre “un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un un buon decreto”. “In Europa – fa notare il soave e perfido direttore – meno inclini di noi a scambiare la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti” .
Prendiamo le riforme. Quella del senato, peraltro approvata soltanto in prima lettura, è un pastrocchio bocciato dalla maggior parte dei costituzionalisti, tanto che perfino alcuni renziani della prima ora sperano di poterlo modificare alla camera. Il che, detto da gente che si proclama contraria al bicameralismo perfetto, è quantomeno curioso.
L’abolizione delle province si sta risolvendo in una truffa destinata a moltiplicare gli incarichi di una partitocrazia che non avrà neppure il fastidio di sottoporsi al giudizio dell’elettorato.
Della riforma della scuola neppure gli addetti ai lavori hanno capito molto: alcuni precari sono stati stabilizzati, come per altro è accaduto con tutti i precedenti governi. Molti altri restano fuori, e anche questa non è una novità. Di programmi non si parla. Di investimenti nemmeno.
Sulla legge elettorale nonostante gli accorati appelli della ministra Boschi, l’intesa è ancora lontana, e forse – viste le premesse – è meglio così.
La riforma del lavoro, che adesso si chiama Jobs Act, sembra destinata ancora una volta a incagliarsi sull’articolo 18, che lo stesso Renzi aveva a suo tempo definito un falso problema. Adesso lui ha cambiato idea, ma in tanti, anche nel suo partito, continuano a chiedersi quale sia il nesso tra l’abolizione di una tutela agli occupati e l’estensione dei diritti a disoccupati e precari.
Apparentemente, l’unico progetto che procede senza intoppi, ammesso e non concesso che lo si possa definire tale, è il patto del Nazareno che Renzi ha stretto a suo tempo con Silvio Berlusconi. Era stato presentato come una scelta obbligata sulla strada delle riforme, viste le chiusure suicide di Beppe Grillo e della sua corte di miracolati sull’argomento. Ma contiene anche altro, che nessuno, a parte gli interessati, conosce nei dettagli. E quel poco che si sa non preoccupa soltanto Ferruccio De Bortoli.

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