di Giovanni Avonto
Quale differenza fra la flessibilità del pensionamento – di cui si discute oggi – e l’accesso anticipato al pensionamento per lavori usuranti? Nel primo caso sindacato, parlamento e governo sembrano cercare una soluzione con porte di uscita dallo sbarramento creato dalla legge Fornero, in ogni caso pagando una penale.
I lavori usuranti sono invece un terreno dibattuto e rivendicato come abbuono previdenziale fin dal tempo della riforma Amato (legge 421/1992). Dunque chi ha diritto a questo anticipo del pensionamento avendo esercitato lavori usuranti? Per esempio i lavoratori delle costruzioni hanno diritto di accesso?
Il criterio generale definisce lavori usuranti quelli per cui è richiesto un impegno psico-fisico particolarmente intenso e continuativo, in condizioni che non possono essere rimosse da misure idonee.
Vediamo il percorso a ostacoli incontrato nella storia per questo diritto.
Il decreto 374/1993 comprendeva una tabella che individuava dettagliatamente i lavori considerati particolarmente usuranti, e quindi meritevoli di accedere al beneficio. Tra i lavori previsti per i lavoratori del settore costruzioni figuravano quelli in gallerie, fognature, e i lavori in altezza (cioè su scale aeree, ponti a sbalzo, gruisti e copritetto…).
Ma un conto è definire la platea degli usurati rispetto alla generalità dei lavoratori (in modo che mansioni e criteri abbiano una obbiettività e non creino conflitto fra i lavoratori) e altro conto è avere le risorse disponibili per rispondere alla questione usuranti e pensione, cioè riduzione dell’età anagrafica e contributiva richiesti per legge.
Teniamo anche conto che sono occorsi sei anni per arrivare a costituire una commissione tecnico-scientifica (legge Dini del 1995) che definisse i criteri per avere un indicatore globale dell’usura (risultati recepiti nel decreto Salvi del 1999, che restringeva le tipologie previste nel ’93, per esempio non includendo i lavori in altezza). Si iniziò con la legge Finanziaria 2001 a mettere a disposizione risorse per 6 mila lavoratori ammessi.
Però passarono altri sette anni perché un negoziato sindacale e poi la legge 247/2007 sancisse il diritto come norma; e poi come esigibilità piena e concreta per una platea ben precisa col decreto legislativo 67/2011.
Cioè il percorso è stato complesso per arrivare, attraverso la consultazione delle parti sociali e il lavoro delle commissioni parlamentari, a una normativa che mettesse ordine alla materia e uno specifico regime previdenziale per categorie di lavoratori ben individuate.
Attualmente possono esercitare il diritto di pensionamento anticipato i lavoratori impegnati in attività previste dal decreto Salvi, e in quelle successivamente introdotte: lavoro notturno (2003), linee a catena di montaggio e conducenti di veicoli pesanti per il trasporto pubblico (2007). I requisiti oggettivi sono un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e lo svolgimento dell’attività usurante per almeno sette anni negli ultimi dieci.
Ma ci sono disposizioni che rendono difficile l’applicazione (come l’attività usurante anche nell’ultimo anno di lavoro).
Insomma siamo a oltre vent’anni di discussioni, tentativi, rallentamenti, difficoltà per un pilastro pensionistico che ha avuto conferme a livello internazionale (ILO) e in Europa (Comitato Economico Sociale 2002).
Ma la realtà è che il fondo lavori usuranti previsto nelle successive leggi di stabilità è sottoutilizzato, oppure il governo dirotta quote di questo fondo verso altre utilizzazioni per finanziare interventi non previdenziali.
I sindacati Cgil, Cisl e Uil nella loro ultima piattaforma rivendicativa (2015) hanno riproposto la questione del pensionamento anticipato dei lavoratori con attività particolarmente faticose e pesanti: dovrebbero essere inclusi anche gli edili che svolgono lavori in altezza.
Pubblicato nel numero del 15 giugno del mensile Nuovasocietà