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sabato, 27 Luglio 2024

I pasticci del Partito Democratico

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Umberto Ranieri è stato un prestigioso dirigente del Partito Comunista Italiano, come segretario della Federazione Provinciale a Napoli, e successivamente, considerate le sue capacità politiche, chiamato a Roma alle Botteghe Oscure.
Cresciuto alla scuola di dirigenti napoletani di grosso calibro come Chiaromonte e Napolitano, il giovane Ranieri si è sempre collocato nell’ambito dell’ala cosiddetta riformista, di destra per intenderci, anche se nel Pci le correnti formalmente non esistevano, anzi il correntismo veniva condannato come frazionismo.
L’influenza di Napolitano sul suo pensiero politico si è sempre avvertita sin dai tempi della segreteria di Berlinguer, ove i contrasti non mancavano ad opera di un gruppo di autorevoli compagni (Bufalini, Chiaromonte, Lama, Macaluso, Napolitano) che in più occasioni manifestarono: dal discorso di Berlinguer sull’austerità, al compromesso storico, alla questione morale, ai rapporti con i socialisti di Craxi, al referendum sulla scala mobile, tanto per citare alcuni esempi bene illustrati in un libro, prezioso storicamente, di Luciano Barca.
Tornando a Ranieri l’ultima volta che fece parlare di sé fu in occasione del governo Monti, da lui apertamente sostenuto, tanto da proporre (con Morando e alcuni altri) l’assunzione da parte del Partito Democratico, come programma elettorale, dell’Agenda del professore della Bocconi nel frattempo nominato senatore a vita dal capo dello Stato.
Le cronache politiche romane considerano Umberto Ranieri uno dei più assidui frequentatori del Quirinale (naturalmente dopo Macaluso) e qualcuno aggiunge uno dei consiglieri privati di Napolitano.
Oggi, 21 novembre, Ranieri ha scritto un interessante articolo su “L’Unità”, nel quale ricostruisce molto criticamente le ultime vicende del Pd, partendo dalla sconfitta elettorale, al lungo defaticante tentativo di Bersani per formare un governo (cinquantacinque giorni), al travagliato momento per l’elezione del presidente della Repubblica con il fallimento della candidatura di Marini, il cecchinaggio a Prodi da parte dei famigerati 101 e al ricorso alla rielezione di Napolitano diventata inevitabile.
Così come sarebbe diventato inevitabile l’accordo di governo tra Pd e Pdl.
Partendo dalle considerazioni svolte da Letta e Bersani alla presentazione del libro “Giorni bugiardi”, secondo cui il governo delle larghe intese sarebbe stato preparato scientemente con il tentativo fallito dell’accordo con Grillo. In altre parole, Bersani si sarebbe immolato per favorire il governo con Berlusconi. Ranieri definisce fantasiosa questa ricostruzione dei fatti accaduti e lancia un allarme sulla incapacità dei principali dirigenti del suo partito di fare una giusta riflessione sulle recenti, difficili vicende del Paese.
Ranieri usa parole forti come «follia», «decisioni sconcertanti», «linea di condotta dissennata».
Ma le cose sono andate veramente come hanno sostenuto Letta e Bersani, cioè che si doveva preparare «il popolo del Pd a bere l’amaro calice», dopo il fallimento (previsto) di un aiuto di qualche grillino?
Umberto Ranieri lo contesta. Evidentemente è bene informato, ha notizie di prima mano.
Visto che siamo sull’argomento vorremmo chiedere a Ranieri: perché Napolitano non ha dato il mandato pieno a Bersani limitandolo ad una esplorazione?
Se Bersani si fosse presentato alle Camere chiedendo il voto su di un programma limitato a pochi temi (alcuni di quelli urlati da Grillo nella campagna elettorale) come si sarebbero comportati i parlamentari cinquestelle?
Con un voto contrario si sarebbero sputtanati (per usare il linguaggio del comico) e si poteva andare subito alle urne con Grillo sgonfiato come un palloncino.
La storia non si fa né con i se né con i ma: sarebbe però interessante conoscere l’opinione dell’antico compagno Ranieri.
Per il resto a partire dello status politico e mentale dei dirigenti del Pd non possiamo che concordare con i suoi severi giudizi anche se, supponiamo, questi dirigenti, se fossero meno pressati dall’Alto, potrebbero fare meno «pasticci», per usare un’espressione di Ranieri.

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