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giovedì, 5 Dicembre 2024

Gli atei sul lettino dello psicanalista

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Vittorino Merinas

Eugenio Scalfari è certo meritatamente inserito nell’albo d’oro del giornalismo. Penna abile sempre intinta nell’oggi e mente colta attenta alle svariate problematiche del presente, entrambe non vinte dai 93 anni ed ancora attive su note testate giornalistiche.
Però, anche se ben portati, gli anni, all’insaputa o alla renitenza di chi ne è gravato, qualche infortunio possono causarlo. Nessun demerito, ma un avviso. Di Scalfari è risaputo l’ormai amichevole rapporto con l’attuale pontefice. Ancora quest’estate, com’egli ha informato su La Repubblica, invitato da Francesco, è stato a Santa Marta in un dialogo così fraterno con lui da potergli suggerire di togliere la scomunica a Baruch Spinoza e beatificare Biagio Pascal. Incontro conclusosi con l’accompagnamento all’automobile e l’aiuto ad accomodarvisi dello stesso Francesco. Giustamente il patriarca del giornalismo terminava il rendiconto dichiarando commosso ed orgoglioso: “Ho scritto spesso che Francesco è un rivoluzionario. Pensa di beatificare Pascal, pensa ai poveri e agli immigrati, auspica un’Europa federata e -ultimo ma non ultimo- mi mette in macchina con le sue braccia. Un papa come questo non l’abbiamo mai avuto”.
Che questa frequentazione, magari associata a non infrequenti ripensamenti in articulo mortis, stia scuotendo radicate convinzioni in Scalfari, spingendolo ad affiancarsi a Francesco nell’opera di rigenerazione del mondo? Come altrimenti spiegare il suo articolo su L’Espresso del 23 luglio in cui attacca, lancia in resta, gli “atei militanti”? Dice Scalfari: gli atei “potrebbero definirsi clericali perché la loro verità la proclamano assoluta… Gli atei non sanno di essere poco tolleranti. Il loro atteggiamento è decisamente combattivo… Il loro Io reclama odio e guerre intellettuali contro religioni di qualunque specie… Insultano, vilipendono, combattono intellettualmente chi crede in qualunque aldilà… Non ispirano simpatia, ma questa è una reazione alla prepotenza del loro Io. L’Io degli atei è sostanzialmente elementare… Un Io che non pensa… Un IO di stampo animalesco. Mi spiace che gli atei ricordino lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene”.
Un religioso fondamentalista non potrebbe dire di peggio. Eppure Scalfari si dichiarava ateo, fiero d’averlo manifestato a Francesco. Spontaneo, allora, sarebbe pensare che quella impietosa descrizione sia la sua propria fotocopia, se non fosse che nello stesso articolo si riposiziona nella categoria dei “non credenti”, coloro che “non credono a una divinità trascendente, ma suppongono l’esistenza di un Essere… che può assumere le forme più diverse”. Per sé sceglie quella proposta da Eraclito: un Essere non “stabile”, ma che “alimenta il Divenire”.
Comunque sia, questa aggressione degli atei è incomprensibile. Per quanto ogni tipologia sociale abbia chi ne offusca dignità e valori, dichiarare “poco tolleranti” chi propugna la tolleranza; militanti di “guerre intellettuali” chi espone le proprie convinzioni; dotare l’ateismo dell’insulto e del vilipendio è capovolgere la realtà. Quando poi, impancandosi psicologo, Scalfari dichiara l’Io dell’ateo “un Io che non pensa e di stampo animalesco” che richiama lo scimpanzé, la misura è colma e rende un brutto servizio all’amico Francesco che quei termini rifiuta.
L’ateismo è un più che legittimo e manifestabile convincimento in una società in cui la libertà di pensiero è un valore. Nessun ateo mentalmente lucido si ritiene detentore di una “verità assoluta”. Solo afferma, e difende, di non trovar ‘ragioni’ per proclamare l’esistenza di un Dio sotto qualsiasi denominazione. Nessuna filosofia o teologia è definitivamente convincente su questo Assoluto, fondamento del cosmo. Difficoltà che aumentano se, come fa il cristianesimo, lo si considera “padre”, giacché il permanente grido di dolore del mondo sembra negarlo. Gesù stesso, sulla croce, ha urlato la sua solitudine: “Perché mi hai abbandonato?”. La stessa teologia cattolica, pur elaborando “ragioni” della sua esistenza, si affida alla “fede” per confermarla, inciampando, però, in un circolo vizioso, poiché la virtù, detta teologale, della “fede” è dichiarata dono di Dio!
L’ateismo non va strapazzato. Intanto per rispetto di chi è ateo, come nei tempi più recenti sta facendo anche la chiesa, in particolare il non ipocrita Francesco. Poi perché l’ateo, senza negare il diritto altrui alla religiosità, ha la forza d’affrontare la realtà per quel che è, senza cercare altrove stampelle. Un bell’invito al credente a purificare la propria fede: un ateismo pratico come via per giungere a Dio nella sua integrità, senza ridurlo servo, spesso anche grullo, delle proprie incapacità.

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