Era nell’aria. Prima le ormai consuete battute sui social, ora invece la polemica sulla presenza del cantante napoletano Gigi D’Alessio sul palco della “Festa de L’Unità” di Torino diventa politica, aprendo una accesa discussione all’interno del partito.
Il vicepresidente del Pd nel capoluogo piemontese, Raffaele Bianco, ha chiesto che il partito revochi l’invito all’artista, atteso sabato sera a un dibattito sul diritto d’autore (dopo Fedez anche D’Alessio ha lasciato la SIAE). «Sui giornali di oggi – spiega Bianco – salta all’occhio una vicenda riguardante Gigi d’Alessio che parrebbe legata a debiti e a episodi da chiarire in sede giudiziaria. Il cantante sembrerebbe coinvolto in vicende di pignoramenti, debiti, libretti auto falsi, transazioni poco limpide, ipoteche».
«Penso che alla luce di questa situazione poco trasparente – prosegue Bianco – il Partito Democratico non possa far finta di niente chiudendo un occhio. Bisogna ritrovare il coraggio d’indignarsi e revocare l’invito. Sono stato il primo a sostenere l’utilità di invitare il cantante, pur vicino al centrodestra. Penso però che i fatti riportati oggi collidano col codice etico del Pd che deve improntarsi sul riformismo, ma che deve comunque mantenere intatta la capacità di indignarsi». Mentre il segretario provinciale, Fabrizio Morri, preferisce non commentare, su Facebook si sono formate due fazioni.
L’intervista a cui fa riferimento Bianco è uscita sul Corriere della Sera, ma Gigi D’Alessio, che in passato non ha mi nascosto le sue simpatie per il centrodestra e per Silvio Berlusconi, era già finito nell’occhio del ciclone durante l’inchiesta “Mafia Capitale”, per presunte amicizie con uomini legati a Massimo Carminati, in particolare con Giovanni De Carlo, detto “Giovannone”.
Accuse da cui il cantante, come era accaduto per le voci su legami con boss della camorra, si è sempre difeso. Anche in sedi giudiziarie: «Sono una persona seria e ho la fedina penale pulita – dichiarò a tempi in cui venne ascoltato in Procura come persona informata dei fatti nell’inchiesta Mafia Capitale – Ho già sporto 36 querele e non ho intenzione di ritirarne nemmeno una. Ho sempre lavorato per chiunque mi ingaggiasse – ha spiegato – L’ho fatto anche per il Papa. Se è per questo, e per lo stesso principio, dovrei essere in odore di santità».