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sabato, 27 Luglio 2024

Firenze, il killer del crocifisso ha lasciato il suo DNA sui bastoni

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

Killer involontario, ma maniaco di professione. È questo l’identikit dell’uomo che la notte tra domenica e lunedì scorsi ha ucciso Andrea Cristina Zamfir, tossicodipendente e prostituta 26enne, sotto un cavalcavia a Ugnano, all’estrema periferia di Firenze.
Prima di lei tante altre lucciole sono cadute nella stessa trappola: spogliate, violentate e poi abbandonate con i polsi legati a una sbarra ma con la forza di liberarsi e chiedere aiuto. Sono infatti almeno sette i casi accertati dagli inquirenti, in un arco di tempo di dieci anni, tra Firenze e Prato. Ma potrebbero essere molti di più visto che, come spesso accade nel mondo della prostituzione, tante ragazze scampate al maniaco avrebbero evitato di denunciarlo.
Sempre uguale il suo modus operandi, ricostruito anche in base alle testimonianze di alcune donne. L’uomo raggiunge le sue vittime a bordo di un’utilitaria grigio chiara, si presenta come un qualsiasi cliente, precisando solo di voler un rapporto un po’ più particolare pronto a pagare più soldi. Poi una volta che la sua “preda” è salita in macchina inizia a chiacchierare mentre si dirige in quei posti, sempre gli stessi ai margini delle città e vicino a ponti e cavalcavia, dove ha già pianificato tutto. Ancora a bordo dell’auto chiede alla ragazza di spogliarsi poi la fa scendere e, legata a un palo, la sevizia con un bastone e infine l’abbandona.
Non si preoccupa nemmeno di eliminare possibili sue traccie. Tanto che in tre casi tra il luglio 2011 e il febbraio 2014 lascerà sul luogo il bastone usato contro le sue vittime. Oltre che tutte le ragazze saranno legate con lo stesso nastro adesivo su cui campeggia il logo dell’ospedale di Careggi, il più grande della Toscana. Ma in questo suo agire secondo gli inquirenti, coordinati dal Pm Paolo Caressa, già titolare dell’inchiesta sul mostro di Firenze, non vi sarebbe nessun atto di sfida. Non ci troveremmo, dunque, di fronte a un uomo che premeditatamente invita le forze dell’ordine a cercarlo ma piuttosto a una persona che vive dell’attimo in cui deve sfogare le sue pulsioni.
Così, proprio da quei reperti raccolti negli anni è stato possibile isolare uno stesso Dna che potrebbe essere uno dei tasselli fondamentali per arrivare a dare un nome al maniaco. Anche se non sarà facile: infatti, fino ad oggi tutti i sospettati presenti negli archivi della polizia sono risultati innocenti e anche le stesse descrizioni fornite dalle vittime non sempre sono convincenti visto lo stato di shock in cui le donne si trovano dopo quando subite. La sensazione è quella della Procura di Firenze sia una vera e propria corsa contro il tempo nella speranza di catturare l’uomo prima che possa colpire di nuovo, con il timore che dopo quanto accaduto domenica non si accontenti più della sola violenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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