È inutile. I petroldollari piacciono a tutti, anche a un sindaco come Piero Fassino più a suo agio con agnolotti alla piemontese e acciughe al verde, piuttosto che con humus, datteri e kebab. Così, durante la discussione in Sala Rossa riguardante il patrocinio della città di Torino al “Turin Islamic Economic Forum” (in programma nel Centro Congressi del capoluogo piemontese il 17 e il 18 novembre), tra lo show del leghista Fabrizio Ricca e la le parole non certo moderate del capogruppo di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone, le intenzioni del primo cittadino emergono chiare. Senza che ci sia nemmeno lo sforzo di nasconderle. A Torino e alle sue sue casse vuote interessano i dollari arabi. Manco fossimo una squadra di calcio da comprare.
«Equiparare qualsiasi movimento o istituzione che si richiami all’Islam al terrorismo fondamentalista è un tragico errore» ha detto il primo cittadino. Per entrare nel vivo del discorso e passare a temi ben più specifici: «La finanza islamica è parte della finanza globale. In questa fase, tutti sono alla ricerca di investimenti da parte del Qatar, di Abu Dhabi o dell’Arabia Saudita. Basta andare a Londra per capire cosa rappresenti oggi la finanza islamica. Non credo che il sindaco conservatore di Londra vorrebbe che le banche arabe se ne andassero dalla capitale britannica».
Poi ha concluso, più chiaro che mai: «Il convegno del prossimo novembre si prefigge di individuare le modalità per creare a Torino e in Italia un ambiente favorevole ad attrarre investimenti dall’area islamica. Tutto qui. Non si discuterà in quella sede di politica o di religione, di multiculturalità o altro, temi importanti sui quali ci potranno essere altre sedi di discussione».
Ce lo immaginiamo quindi, guardare verso l’orizzonte vestito da sceicco. Ma non per scorgere dune e oasi, ma a sognare che qualcuno in groppa ad un cammello (ops, da un elicottero), con valige e casse di denaro, per investire sulla nostra città. Inshallah, né.