Si può essere patrioti senza essere nazionalisti. Questo uno degli assunti fondanti dell’associazione “Patria e Costituzione”, presentata in questi giorni a Torino da Stefano Fassina.
Non un nuovo, ennesimo partito nella frammentata galassia della Sinistra, ma «Un’associazione – afferma Fassina – dalla parte del lavoro, per affrontare la domanda di comunità, di protezione sociale e culturale, per rideclinare il nesso tra sovranità democratica nazionale e l’Ue, per definire strumenti adeguati per lo Stato per intervenire nell’economia».
Secondo Fassina, dal referendum sulla Brexit in poi, l’elettorato non ha perso occasione per lanciare un chiaro messaggio di ribellione a tutto ciò che veniva percepito come asservito o funzionale a un “sistema” supinamente succube ai dettami dell’economia neoliberista, ai “mercati”, ai potentati finanziari e alle linee guida delle istituzioni europee, improntate all’austerità e al contenimento del debito pubblico.
«Molta di questa protesta – sostiene Fassina – proviene da elettori che facevano riferimento alla Sinistra, ma che non hanno più trovato le risposte che cercavano in questa parte politica che pare aver smarrito la bussola dopo il Crollo del Muro di Berlino nell’89 e stenta a ritrovare una propria identità che non sia il riflesso sbiadito della destra liberista o il velleitario ritorno a ideologie sepolte dalla Storia. Non è un problema solo italiano: in tutta Europa (e non solo) la Sinistra è in crisi di consenso, ma nel nostro Paese appare anche frammentata e incapace di trovare un terreno comune. In questo senso, una grande occasione perduta è stata la vittoria al referendum che voleva cambiare la Costituzione, una battaglia che aveva ricompattato le forze a sinistra del PD “renziano”, che però sono tornate a disgregarsi».
Come del resto si è disgregato lo stesso Partito Democratico, come struttura e come elettorato, dopo l’esperienza della segreteria di Renzi, il “leader” più divisivo che il partito abbia avuto: in questo senso, non va dimenticato il suo sarcastico “Chi?”, rivolto proprio a Fassina, che determinò la fuoriuscita di quest’ultimo dal PD.
La prima di una serie di uscite di personaggi di spicco, inascoltati perché non in sintonia con la linea dettata da Renzi, che imponeva un tale slittamento verso posizioni centriste da provocare alla fine una frattura con la componente più a sinistra.
Ma non è su questo che Fassina pone l’accento, quanto piuttosto sulla progressiva perdita di sovranità nei confronti delle gerarchie dell’Unione europea che sta caratterizzando i singoli Stati, i rispettivi Parlamenti e, in definitiva, il popolo degli elettori, che vede vanificate le proprie scelte da imposizioni calate dall’alto in nome di superiori interessi economici.
«Un atteggiamento, quello dei vertici europei, di autoreferenzialità e sordità alle rivendicazioni dei cittadini che alla fine ha portato al successo dei populisti, in continua crescita perché visti come unico antidoto al “sistema”, vista la perdurante latitanza di una Sinistra che si auto confina – spiega – su valori e battaglie di nicchia, ricevendo il plauso delle classi elevate, ma perdendo il contatto e il consenso delle classi medie e basse, un tempo il suo elettorato di riferimento, oggi migrato sotto altre bandiere, in particolare quella dei Cinquestelle, che hanno in parte colmato il vuoto lasciato dalla Sinistra».
Secondo Fassina, è fondamentale recuperare sovranità nazionale nei confronti delle burocrazie dell’UE, ma tenendo come bussola di riferimento la nostra Costituzione, per evitare che il patriottismo viri in nazionalismo e perché la sovranità popolare non si tramuti in sovranismo.
Occorre recuperare spazi di manovra politica ed economica per porre fine a quella svalutazione del lavoro resa possibile dai Trattati Ue e dalla stessa conformazione della cosiddetta Unione, che è in realtà un insieme di Paesi estremamente disomogeneo, caratterizzato da condizioni lavorative, economiche, sociali e fiscali troppo diversificate per poter coesistere semplicemente sulla base di una unione monetaria.
Occorre, soprattutto, ri-costruire un’Europa che ponga nuovamente al centro le persone, invece del Capitale. Un’operazione complessa, visto che lo stesso Fassina è convinto che l’Unione europea abbia subito questo snaturamento rispetto ai principi fondanti dettati dai suoi Padri costituenti in maniera voluta e consapevole, andando a siglare accordi e costruendo strutture che avevano il preciso scopo di favorire mercati e finanza.
Tuttavia, proprio su quell’assunto di voler “rimettere al centro le persone”, il movimento ispirato da Fassina trova una convergenza, probabilmente involontaria, con un’altra grande scuola di pensiero: quella della dottrina sociale della Chiesa.
Chissà che non sia la volta buona nella quale tutti coloro che vogliono ridare centralità alla persona – in quanto portatore di diritti inalienabili per i laici, o in quanto creatura di Dio per i credenti – riescano finalmente a trovare un dialogo e un terreno comune per opporsi a coloro che, invece, continuano a porre il Capitale sopra ogni cosa, relegando i cittadini al semplice ruolo di fattore produttivo, da valutare asetticamente e unicamente in termini di costi e benefici.