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giovedì, 5 Dicembre 2024

Facebook è un pericolo per la democrazia

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Federico Depetris
Federico Depetrishttp://www.avvocatodepetris.it/
Avvocato del Foro di Torino (per la biografia completa visitare il sito internet www.avvocatodepetris.it) è appassionato di scrittura, politica e di storia del diritto. Collabora con Nuova Società curando la rubrica “Aequitas” dove si approfondiscono tematiche giuridiche e argomenti di attualità.

Il 9 di settembre, nel pomeriggio, Facebook ha cancellato in pochi minuti le pagine ufficiali dei movimenti politici Forza Nuova e CasaPound Italia. Con loro sono stati oscurati e cancellati i profili ufficiali dei consiglieri comunali di CasaPound Italia e centinaia di account appartenenti ad attivisti di movimenti identitari sono stati rimossi dal social-network più famoso in Italia.

Una decisione che non ha precedenti in Italia. Mai prima di ora un social aveva optato per la messa al bando integrale e senza appello di persone e organizzazioni, politicamente, non gradite.

Facebook ha spiegato la propria operazione di censura sostenendo che le associazioni e le persone colpite dall’oscuramento si sarebbero rese responsabili di incitare all’odio e alla violenza, senza tuttavia fornire uno straccio di prova a sostegno di quanto affermato. Probabilmente per Facebook e la sua “policy” è sufficiente esprimere, ad esempio, posizioni fortemente contrarie alle politiche immigrazioniste dell’accoglienza per essere considerati, senza possibilità di difesa, degli “incitatori di odio”.

La censura contro CasaPound è un precedente pericolosissimo che rischia di compromettere persino l’intero sistema democratico.

Internet ha offerto e continua ad offrire un accesso facilitato ad un’incredibile mole di informazioni e consente una rapida circolazione di notizie e idee.

Non è un caso che i regimi totalitari contemporanei oscurino in tutto o in parte il web, impedendo l’accesso a piattaforme social o comunque a contenuti ritenuti “ostili”.

Tuttavia, internet, senza regole come oggi, non è il regno della libertà più assoluta.

Mano a mano che il traffico internet è aumentato, si sono creati dei centri che hanno polarizzato il traffico. Internet si è trasformato in un imbuto che ha smantellato quella rete originaria in cui tutti erano posti in una posizione di sostanziale parità.

Google ha pressoché il monopolio della ricerca sul web. I propri sofisticati algoritmi di ricerca, oggetto di continui aggiornamenti, hanno consentito al colosso americano un vero e proprio controllo del traffico.

Google ha di fatto il potere di determinare le sorti delle imprese e delle attività produttive di ultima generazione infatti a seconda di come un’azienda appare nel risultati delle ricerche aumenterà o perderà il proprio fatturato.

Se volesse, Google domani potrebbe oscurare migliaia di siti internet di ispirazione socialista, sovranista, europeista, etc. Il tutto in pochi secondi.

In Italia su Facebook transita il grosso dell’informazione. Eliminare dei soggetti significa escluderli dall’accesso alle informazioni ed impedire loro di esprimersi liberamente in una condizione di parità con gli altri utenti.

Facebook ha eliminato due partiti e centinaia di utenti semplicemente perché dicevano cose non gradite. Su Facebook Italia ci sono ben trentuno milioni di utenti e i giornali fanno le loro visualizzazioni essenzialmente grazie ai link che appaiono sulle pagine di Zuckerberg. Non è semplicemente un “social”, uno svago per adolescenti, Facebook è divenuto uno dei mezzi di comunicazione più invasivi ed importanti d’Italia e d’Europa.

Immaginare che questo colosso possa influire sul sistema dell’informazione di una Nazione democratica senza alcuna possibilità di controllo da parte dello Stato è semplicemente folle.

Gli algoritmi di Facebook che stanno dando la “caccia” a CasaPound sono arrivati a censurare articoli di testate giornalistiche locali e nazionali (ed esempio il Secolo d’Italia) che parlavano di attività di CasaPound Italia. La stampa, è bene ricordarselo, secondo la nostra Costituzione, non può essere soggetta ad alcun controllo preventivo: Facebook invece ha iniziato a pretendere il controllo sui contenuti degli articoli. Il peggior Grande Fratello della storia si è materializzato sui nostri Pc e sui nostri cellulari.

Il Garante per la Privacy, Soro, stemperando gli entusiasmi di Zinagaretti e di alcuni esponenti dem, ha evidenziato, commentando la censura di Facebook contro CasaPound, come «il ruolo sociale delle piattaforme è tale che, oggi, ogni limitazione nel loro uso comprime inevitabilmente la libertà di espressione. L’ultima parola sia sempre affidata all’autorità pubblica».

C’è un grave problema di tenuta della democrazia in Italia. Il Garante per la Privacy lo ha colto. Qui posso evidenziare come, in prospettiva, mano a mano che i media tradizionali (televisione, radio, carta stampata etc) perderanno sempre più peso in favore delle piattaforme “social”, la regolamentazione per Facebook, Google e gli altri colossi che gestiscono il traffico delle informazioni diventerà una necessità non procastinabile.

Nel frattempo CasaPound Italia ha annunciato che porterà Facebook in Tribunale. La partita è tutt’altro che scontata per il social.

Facebook sarà anche uno spazio privato, tuttavia quando un utente si iscrive al portale firma un contratto con delle regole che vincolano le parti. Facebook non può pensare di recidere unilateralmente il rapporto contrattuale (magari dopo aver incassato per anni sontuose somme per la pubblicità delle pagine e dei profili) sulla base di un proprio capriccio. Facebook dovrà dimostrare in Tribunale che CasaPound e le altre associazioni sono organizzazioni criminali che perseguono fini illeciti, cosa piuttosto difficile da sostenere visto che i soggetti censurati si sono presentati a numerose consultazioni elettorali comprese le ultime elezioni politiche e le elezioni europee.

Vi è poi tutto un delicato profilo giuridico da approfondire circa la liceità del possesso della corrispondenza degli utenti eliminati e dei contenuti pubblicati sulla piattaforma dai vari profili da parte di Zuckerberg.

Come ha detto Soro l’ultima parole deve spettare all’Autorità pubblica. Ai Tribunali italiani il compito di creare precedenti a salvaguardia della libertà di espressione nel web che si espande ogni giorno e che ogni giorno diventa sempre più presente nella nostra vita quotidiana.

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