L’estrazione di petrolio dietro al terremoto che flagellò l’Emilia Romagna nel 2012. La rivista americana “Scienze” pubblica l’inquietante teoria. A momento non c’è ancora niente di ufficiale, solo le anticipazioni di una relazione di un gruppo di scienziati internazionali, consegnata agli amministratori dell’Emilia Romagna e resa nota, appunto, dal magazine statunitense. Risultati, questi, che mettono i brividi e sembrano avvalorare le ipotesi complottistiche che si sono succedute negli anni, con teorie su teorie a volte credibili, a volte accampate da sedicenti esperti in cerca di notorietà.
A contribuire disastro ambientale del 2012 sarebbe stata l’estrazione del Greggio nel giacimento di Cavone, nei pressi di Genova e a venti chilometri dall’epicentro della scossa. I giornalisti di “Scienze”, che hanno potuto leggere in anticipo le conclusioni dello studio, scrivono che i cambiamenti di pressione sulla crosta terrestre dovuti alla rimozione del petrolio e all’iniezione di fluidi per facilitarne il flusso non sarebbero stati sufficienti per provocare la tragedia. «Non si può escludere», però, che la faglia fosse vicina al punto di rottura e che l’attività di estrazione sia stata la causa scatenante del terremoto. Questo primo evento sismico, a sua volta, avrebbe innestato il secondo, il 29 maggio.
Al momento non esistono ancora spiegazioni fisiche più chiare su come questo sia potuto accadere. La rivista conclude in tono dubbioso, sottolineando di non aver avuto risposte riguardo al rapporto da parte delle compagnie petrolifere che sarebbero implicate. Non solo. Secondo altri sismologi intervistati, invece, questi rapporti tra il giacimento di Cavone e il sisma che devastò l’Emilia sarebbero davvero molto labili.
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