Non pensiamo che Viktor Orban stia a Ferenc Szalasi, il filonazista ungherese, fondatore delle Croci frecciate. L’equazione sarebbe forzata, inopportuna e strumentale.
Piegare la storia alle contingenze attuali il più delle volte ha un effetto boomerang e rende tutto più confuso. Ma quando leggiamo ciò che afferma uno dei tanti portavoce del governo ungherese che si concedono ai media per non inflazionare il verbo del primo ministro Viktor Orban, una dose di preoccupazione (la paura non è da corsari) è legittima.
L’ultima degli ungheresi, infatti, è stata una sparata da brivido: «noi e Salvini difensori dei confini d’Europa» (copyright La Stampa). Naturalmente è chiaro chi li minaccia: i disperati sui barconi nel Mediterraneo.
La frase, per una delle tante e misteriose coincidenze, cade però nel giorno della memoria: il ricordo della Shoah, dell’Olocausto, di sei milioni di ebrei uccisi nei lager. La soluzione finale propugnata dai nazisti che cominciò con un provvedimento amministrativo contro coloro che si ritenevano diversi.
A questo punto corre l’obbligo di ricordare chi è il figuro citato sopra (non Orban e Salvini, sia chiaro, loro sono le star del sovranismo).
Ferenc Szalasi fu il capo delle Croci frecciate, partito di estrema destra che dall’ottobre del 1944 al gennaio ’45 governò l’Ungheria, macchiandosi di crimini orrendi contro gli ebrei. La giustizia ungherese lo raggiunse e fucilò nel 1946.
Anche lui con il suo movimento sosteneva di difendere i confini d’Europa. È giusto ricordarlo.