di Bernardo Basilici Menini
Com’era prevedibile, l’espulsione di alcuni esponenti locali dal Partito democratico a seguito della partecipazione all’assemblea fondativa di Articolo 1 Movimento Democratico e Progressista ha fatto rumore. Le versioni sono due, necessariamente agli antipodi. Chi parla di un’epurazione fatta per buttare fuori membri scomodi, chi sottolinea come l’atto sia stato necessario in relazione alle regole dello Statuto nazionale del Pd, che non prevede molteplici affiliazioni a soggetti politici.
Il primo a sollevare la questione Aldo Corgiat, ex sindaco di Settimo Torinese, nella lista degli espulsi: «Una vera lista di proscrizione di persone che hanno partecipato ad un’assemblea di Articolo 1 Movimento Democratico e Progressista. Per chi ha dato un’intera vita di militanza alla sinistra italiana e, spesso con sacrifici personali e famigliari, ha contribuito a fondare il PD è forte il sentimento di ingiustizia. Non sto parlando di me ma di amici e compagni che si trovano in una lista di “espulsi”, “radiati” o come piacerebbe alla nuova cultura renziana “rottamati” senza nemmeno l’onore di essere sentiti e interrogati sul fatto di aver aderito o meno ad un “movimento alternativo al Pd”».
Sul fronte opposto è intervenuta oggi Amalia Neirotti, presidente della commissione di garanzia metropolitana di Torino del Pd: «Raccolti e verificati i dati pervenuti dal Circoli e dal Pd nazionale per il tesseramento online, si è proceduto alla cancellazione dei nomi di tutti coloro che avevano restituito tessere e, in alcuni casi, dato vita a nuovi gruppi consiliari, dichiarando di fatto di non sentirsi più rappresentati dal Pd. Nel caso del Circolo di Settimo – spiega Neirotti – non si è trattato di un atto sanzionatorio, ma dell’adempimento di quanto previsto dallo Statuto nazionale del Pd: si è disposta la cancellazione dall’anagrafe degli iscritti di coloro che, aderendo e promuovendo un nuovo soggetto politico alternativo al Pd, ne hanno organizzato l’assemblea fondativa, firmando il documento politico con cui la medesima veniva indetta. Pur prendendo atto con rammarico della scelta di abbandono non la si può che rispettare», conclude la presidente della commissione.
Sul tema è intervenuto anche il vicepresidente del Consiglio comunale di Torino Enzo Lavolta: «Quanto deciso dalla commissione di garanzia del Pd torinese è una presa d’atto della volontà espressa da alcuni, di non voler partecipare al confronto politico congressuale e di non continuare a condividere un percorso all’interno della stessa comunità politica ponendosi in concorrenza con il Pd».
«Rispettiamo le scelte individuali e collettive di chi ha scelto una strada diversa, non consideriamo quanto accaduto un mero adempimento burocratico e pertanto non possiamo che augurarci, innanzitutto per il bene delle nostre comunità, che il confronto avvenga sul terreno delle proposte politiche del centrosinistra piuttosto che sugli aspetti meramente formali che consentono a coloro che non si riconoscono più in un partito di dar vita ad un altro», conclude Lavolta.