Dopo la sentenza di primo grado che la condanna a sei mesi per il reato di falso in atto pubblico relativo al debito Ream Chiara Appendino si affida ai social per spiegare la sua posizione. Un lungo post in cui spiega la condanna per il bilancio 2016, e le assoluzioni sia per il reato di falso in relazione al bilancio 2017 sia per quelle di abuso d’ufficio. Riferendosi proprio alla caparra da 5 milioni che il Comune doveva restituire a Ream dopo la risoluzione dell’accordo per l’ex Westinghouse Appendino spiega: “Le accuse mosse alla sottoscritta, all’assessore al Bilancio, al mio ex capo di gabinetto e al direttore finanziario del Comune erano di aver imputato nell’esercizio di bilancio sbagliato una sorta di “debito” atipico di 5 milioni di € del Comune nei confronti della società Ream, generato nel 2012.Noi l’abbiamo iscritto, d’accordo con la società Ream, nel 2018, scelta per la quale anche la Corte dei Conti, pur sollecitata da più fronti, non ha mai mosso alcun rilievo. Secondo la Procura, invece, questo debito andava iscritto nel bilancio 2016. Oggi, la Gup, ha validato la tesi della Procura”.
La prima cittadina fa sapere che “Ricorrerrò in appello, certa della mia innocenza e della mia assoluta buona fede” e aggiunge “In primo luogo tengo a sottolineare che, come è evidente anche dalle carte processuali, non ho tratto alcun vantaggio personale, anzi: l’accusa, nella sostanza, era di aver ingiustamente “avvantaggiato” il Comune. Non ho mai avuto alcun problema a risanare un bilancio “disastrato” come quello ereditato, anche con manovre impopolari. Questa cifra, definita dal perito “peanuts” noccioline (parliamo di meno dello 0,4% del bilancio dell’Ente), poteva anche essere inserita nel bilancio 2016, senza portare in dissesto l’ente, sempre a detta dei periti. Non avrei mai avuto, dunque, il movente per commettere intenzionalmente il falso”.
Come ha dichiarato anche il legale della prima cittadina, dunque, l’errore è stata nella difficoltà interpretativa delle norme. “In un quadro normativo molto complesso – prosegue Appendino sui social – e in una situazione definita dai periti “unicum”, “peculiare” e “eccezionale”, abbiamo scelto di imputarla al 2018 perché ritenevamo fosse la scelta giusta da fare alla luce delle informazioni in nostro possesso e degli accordi intercorsi. Se è stato fatto questo errore, ribadisco che è stato fatto in assoluta buona fede e senza alcuna volontarietà di commettere il falso. Ed questa è la tesi per cui ci batteremo fino all’ultimo grado di giudizio”.
Infine, qualche parola sul suo futuro, senza però toccare il tema di una ricandidatura per il 2021: “Questa sentenza non pregiudica la possibilità di rimanere in carica e, quindi, porterò regolarmente a scadenza il mio mandato, in attesa del giudizio in appello. Come previsto dal nostro regolamento interno, invece, mi autosospendo dal Movimento 5 Stelle, sempre fino al prossimo grado di giudizio che auspico arrivi nei tempi più brevi possibili”.