Il giorno dopo la condanna in Cassazione del consigliere regionale Michele Giovine, il governatore del Piemonte Roberto Cota tira fuori le unghie.
Mentre l’esponente della lista “Pensionati per Cota” dovrà scontare due anni e otto mesi per avere falsificato delle firme a sostegno del suo partito, Cota cerca di difendersi, visto che proprio Giovine e quelle firme portarono alla coalizione di centrodestra ben 27 mila voti.
«Chi chiede di rifare le elezioni ha fatto lo stesso con le sue liste – denuncia il governatore leghista – Per una lista c’è una sentenza passata in giudicato per la stessa cosa, mentre per un’altra c’è un rinvio a giudizio».
Ma è nervoso Cota. Molto al punto che ai giornalisti che chiedono se ora che la condanna a Giovine è confermata lui darà le dimissioni risponde duramente: «Ma secondo voi è una domanda seria?».
«Siamo a quattro anni dalle elezioni e stiamo ancora a discutere di cavilli legati alla sottoscrizione e presentazione delle liste» – aggiunge stizzito.
«È una vicenda assurda, paradossale, ridicola – insiste – è assurdo parlarne oggi. Fuori c’è un mondo pieno di problemi e noi stiamo a discutere di questioni che attengono alle modalità burocratiche per la presentazione delle liste».
«Ci sono da sempre polemiche sui tempi della giustizia – va avanti il governatore piemontese – ma limitandomi alla questione elettorale dico che è anche una questione di buon senso. Quando uno perde le elezioni, accetta il risultato, non va a fare guerre infinite che non portano da nessuna parte».
Non solo. Roberto Cota non ha nessuna intenzione di dare le dimissioni, ma è certo di ripresentarsi alle prossime elezioni. «Certo che mi ripresento. Penso di aver lavorato bene» conclude l’esponente del Carroccio.
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