di Vanna Sedda
In quanti davanti al banco del supermercato, con in mano una confezione di carne, si sono mai chiesti da dove arriva quel petto di pollo, cosa ha mangiato quel maiale, o com’è stato allevato quel vitello? La maggior parte fa caso all’aspetto, alla consistenza, alla freschezza. E al prezzo.
Più è economico, maggiore sarà la propensione all’acquisto. In pochi poi si domandano quali sono i costi che ci sono dietro, come ricadono comunque su noi stessi, sulla nostra salute e l’ambiente in cui viviamo. A discapito della qualità e di una reale convenienza.
Per mantenere un prezzo basso e per soddisfare una crescente domanda di carne, quintuplicata dalla seconda metà del Novecento, il sistema di allevamento è diventato negli anni sempre più intensivo. Gli animali sono stipati in uno spazio ristretto, senza possibilità di muoversi, costretti ad ingrassare in breve tempo per essere abbattuti prematuramente. Vengono curati con massicce dosi di antibiotici, per prevenire le malattie e stimolare la crescita. Sono alimentati con mangimi di scarsa qualità, ottenuti con lo sfruttamento del terreno, coltivato intensivamente grazie all’uso di fertilizzanti e pesticidi. E, come è risaputo, i concimi chimici impoveriscono il suolo rendendolo sterile, lo attraversano fino ad arrivare alla falda acquifera, inquinandola.
In più, secondo la Fao, il settore zootecnico contribuisce non poco al cambiamento climatico: è responsabile del 18% delle emissioni totali di gas serra nell’atmosfera, più dell’intero settore dei trasporti. Oltre al letame prodotto dagli allevamenti e ai fertilizzanti impiegati nelle coltivazioni, questa elevata produzione di biossido di carbonio deriva dal taglio delle foreste per convertire i terreni a pascolo e a colture per i mangimi.
Basti pensare che quasi un terzo della superfice coltivabile se ne va per nutrire gli animali, anziché gli uomini. Per non parlare poi del consumo di acqua: per ottenere un chilo di bistecca di bovino sono necessari più di quindicimila litri d’acqua nell’intero ciclo produttivo, più o meno l’equivalente di 110 vasche da bagno.
Così, i costi nascosti dietro ai 4 euro per un kilo di fusi di pollo sono molto più alti rispetto al prezzo finale del prodotto. Sono soprattutto ambientali e ricadono principalmente sulla nostra salute. Siamo ancora sicuri che una carne economica sia davvero conveniente? Forse sarebbe meglio non mangiarla affatto o ridurne il consumo, privilegiando la qualità e i piccoli allevamenti nazionali. Potreste scoprire di rientrare in quel segmento di consumatori, ne vegani ne vegetariani, tanto alla moda in questo periodo.