Cominciò alle 21.15 del 10 giugno allo stadio Olimpico di Roma la nostra corsa verso l’unico Campionato Europeo di cui fregia la nostra nazionale di calcio. Era il 1968.
Due anni prima gli azzurri erano stati eliminati dalla Coppa Rimet disputata in Inghilterra dalla Corea del Nord in una tristissima e maledetta serata a Middlesbrough. E la leggenda voleva che Ferruccio Valcareggi, commissario tecnico in quel 10 giugno, ma secondo dell’allora C.T. unico Edmondo Fabbri detto “topolino”, avesse descritto i coreani (non ancora presuntuosi come oggi con Kim) una squadra di “ridolini”. Ma quella sera a ridere furono soltanto loro.
Memore di quella disavventura, Ferruccio Valcareggi, nel frattempo promosso a primo dopo una fase di coabitazione con Helenio Herrera, preparò bene quegli europei e si meritò la fortuna di superare l’Urss alla monetina (come si usava allora) e di pareggiare la prima finale contro la Jugoslavia in una partita che l’arbitro svizzero Dienst non aveva nessuna intenzione di farci perdere. Infatti, in svantaggio, ma giocando in casa, gli azzurri sembravano godere di qualunque licenza…
Una punizione di Domenghini ci tolse dai pasticci, esattamente allo stesso modo con cui l’ala destra, passata nel frattempo dall’Inter al Cagliari, ci avrebbe liberati da un incubo due anni dopo ai mondiali messicani. Si rigiocò così la finale 48 ore dopo, secondo regolamenti che non prevedevano i tempi supplementari. E qui Valcareggi sparigliò le carte a differenze del suo collega jugoslavo che rimase fedele alla prima formazione.
Il tecnico azzurro si affidò alla linea verde sia in difesa che in attacco, lasciando nello spogliatoio i senatori, da Castano a Ferrini e Lodetti. Rinunciò a Prati per Gigi Riva e tolse Juliano per fare posto a De Sisti e inserì davanti ad Albertosi quel mastino di faccia d’angelo Rosato. Vinse 2 a 0 con reti Riva e Anastasi. Il coraggio di Valcareggi fu premiato.
Peccato che lo stesso commissario tecnico non lo ebbe anche il giorno della finale di coppa del mondo a Città del Messico contro il Brasile di Pelé. Era il 1970 e si era reduci, felici, ma svuotati dal mitico 4 a 3 contro la Germania Ovest. Valcareggi non volle deludere chi lo aveva portato fin lassù. Una gratitudine che nel calcio non sempre paga.