Sono bastati quattro minuti e quindici euro per iscrivere Benito Mussolini, da Predappio, al Partito Democratico senza che nessuno se ne accorgesse né si opponesse.
Quella che può sembrare una bravata di qualche ragazzino è in realtà una prova fatta dalla redazione de “Il Giornale” per dimostrare le falle nel sistema di tesseramento online del Pd, dove infondo chiunque con qualunque nome può iscriversi al partito.
L’unico ostacolo, dopo aver compilato il form con i propri dati personali (nome, cognome, città e data di nascita) sono un paio di captcha, ovvero quei codici alfanumerici che servono per dimostrare che non si è un computer ma una persona in carne ed ossa. Poi basta firmare una dichiarazione in cui si garantisce l’autenticità dei dati forniti: ma anche in questo caso tutto è affidato alla buona fede di chi siede dall’altra parte della tastiera. Mentre con una carta di credito si versa il contributo minimo di 15 euro. Nessun controllo, invece, sull’autenticità del codice fiscale e del numero di carta d’identità obbligatori per completare l’iscrizione confermata con una mail a firma del premier Matteo Renzi:
“Gentile Benito Mussolini, questa e-mail ti viene inviata a seguito del completamento del tuo tesseramento online al Partito Democratico”. Firmato il segretario nazionale Matteo Renzi.
Insomma, così facile da stupire gli stessi giornalisti che sul sito del quotidiano di casa Berlusconi ammettono di essere rimasti: “sbigottiti perché inizialmente convinti che l’intelligenza digitale del più grande partito italiano prima o poi ci avrebbe posto davanti a qualche ostacolo insormontabile per noi burloni nemmeno troppo smanettoni. E invece niente. Tutto liscio”.
Errore involontario di chi non ha ben calcolato i rischi del sistema informatico o un modo per contrastare il crollo dei tesseramenti di quello che è il primo partito d’Italia, se poi sono nomi finti poco importa?