Parte da Torino l’appello al Consiglio nazionale forense e all’Unione delle Camere penali contro il progetto dei processi con l’avvocato in collegamento “da remoto”, ovvero la celebrazione delle udienze in videoconferenza.
A firmare l’appello sono 74 avvocati, coordinati dall’avvocato Maurizio Vecchio, che denunciano come a seguito delle disposizioni sull’emergenza sanitaria, ogni Palazzo di giustizia abbia deciso di organizzarsi a modo suo.
“I timori che sul territorio nazionale si attuassero protocolli tra loro radicalmente diversi – affermano – si sono compiuti e realizzati. A prescindere dal merito di questi diversi protocolli (alle volte opposti nei contenuti anche nell’ambito dello stesso Distretto di Corte di Appello) e dall’enorme impegno profuso dai magistrati”.
L’effetto, a giudizio dei firmatari, non è positivo perché si traduce “in una disciplina del processo – civile e penale – mutevole da Distretto a Distretto”. Un nuovo “rito protocollare” che potrebbe portare a decisioni “anomale” e “abnormi”. Quanto ai collegamenti da ‘remoto’ per i processi penali, “non possiamo immaginarli e non dobbiamo nemmeno ipotizzarli, e il medesimo principio dovrà valere per tutti i procedimenti dove l’avvocato dovrà discutere, esporre argomentazioni, contraddire, perché diversamente non ci sarà più “sintesi” tra una “tesi” ed una “antitesi”. I testimoni dovranno avere davanti ai propri gli occhi del Giudice, perché anche le loro movenze fanno la differenza tra menzogna e verità”.