L’enfant prodige Emmanuel Macron in un impeto di umanità ha preso la palla al balzo dell’affaire Aquarius e l’ha calciata nella porta difesa Salvini-Di Maio, numeri uno in papere. Abituale cinismo della politica internazionale con cui ognuno cerca di ripulirsi la coscienza ai danni di qualcun altro.
Naturalmente Macron si è mosso come un perfetto slalomista tra i paletti delle omertà e delle amnesie. Cioè se n’è sbattuto del quotidiano e duro trattamento riservato dalla sua gendarmeria ai migranti che cercano di superare la frontiera italo-francese a Ventimiglia e a Bardonecchia.
Tante parole con giudizi sferzanti, all’opposto, sulle decisioni di Salvinman decisamente poco salvifiche per la sorte dei migranti dell’Aquarius. Niente da dire: una bella faccia tosta il presidente francese pur di mettersi in vetrina davanti al mondo. Ma non è soltanto la vanità a scatenare l’Eliseo.
La sua strategia è antica quanto quella dei suoi predecessori verso l’Italia: renderla un’Italietta. Infatti, il suo chiacchiericcio è provocatorio. Riuscito. Salvinman ha subito gonfiato i muscoletti delle corde vocali, producendosi in un acuto nazionalistico dalle Alpi agli Appennini che avrebbe fatto impallidire anche il maestro di Predappio.
Paradossale per chi arriva da un partito secessionista. Ma con l’Europa di Bruxelles e l’emergenza migranti Salvini ha preso un terno al lotto, altro che le funamboliche sparate di Bossi con i fucili padani.
Peccato che le alzate boriose sue e del suo socio Di Maio non saranno a costo zero per noi italiani. Se i gialloverdi proseguiranno con questo passo rissoso l’Europa che sta a nord di noi si sentirà giustificata dal trattarci fino in fondo da sudisti, come nella guerra civile americana.
E senza sparare neppure un colpo. A sparare, è risaputo, ci penserà la coppia Salvini-Di Maio, insuperabile nell’autolesionismo.